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L'Italia di Luciano Spalletti vola. Non è bella ma è pratica

Prima i galletti a casa loro e poi Israele. Certo, sarebbe meglio non esaltarsi troppo. In fin dei conti l’Italia ha piegato le reni alla nazionale numero 78 del ranking mondiale

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Iraele-Italia
Iraele-Italia (Foto Ansa)

Anche il secondo esame è passato. Promossi. Prima i galletti a casa loro e poi Israele. Certo, sarebbe meglio non esaltarsi troppo. In fin dei conti l’Italia ha piegato le reni alla nazionale numero 78 del ranking mondiale, che non è proprio una impresa da segnare col pennarello negli archivi della gloria. Però ha fatto quel che doveva fare, ed è prima in classifica nel girone della Nations League, davanti a Francia e Belgio. Spalletti gonfia il petto e dopo tutti gli insulti che si è beccato dopo l’Europeo, è giusto e comprensibile che sia così. Ma la vittoria striminzita contro gli israeliani non deve far gridare alla gioia. Rispetto alla Nazionale stanca e impaurita di quest’estate, qualcosa è cambiato, soprattutto nella testa della squadra, perché non sono stati soltanto gli innesti di Ricci e Tonali (soprattutto) e gli affondi sulla fascia sinistra diventati ormai una lieta costante, ad aver trasformato il volto della squadra. In molti frangenti, questa sembra una nazionale che non ha paura e che cerca la sua forza nelle zolle del centrocampo, non ai limiti della propria area. Ama le ripartenze e gli spazi e se può non si rintana a proteggere la sua difesa.

Più sostanza che spettacolo 

Quello che però è apparso altrettanto evidente è che non è una Nazionale da spettacolo. Per intenderci, niente a che vedere con quella di Mancini. Nonostante le dichiarazioni d’intento del ct. Spalletti alla vigilia aveva tirato fuori dal mazzo l’idea di una Italia coesa capace di esprimere un calcio che è un mix di stili, come ha voluto far credere al suo uditorio, «con il nostro gioco, quello spagnolo e quello inglese». Boh. Al limite, uno potrebbe anche convincersi, se non fosse che alla prova dei fatti, poi, quella che vediamo è una Nazionale costruita sulla base di dettami che rimandano inevitabilmente al calcio allegriano, così divisivo ed essenziale, inviso com’è non soltanto da uno stuolo non indifferente di commentatori, ma pure dallo stesso Spalletti. Di fatto, nel primo tempo, l’Italia ha disputato una partita che evocava senza ombra di dubbio tutte le caratteristiche di una squadra di Max, compresa quella di lasciare il suo centravanti solo e isolato, senza mai essere servito a dovere, replicando le stucchevoli polemiche che avevano accompagnato negli ultimi anni le prestazioni di Vlahovic, al centro dell’attacco juventino. Lunghi e inutili fraseggi, che non riuscivano quasi mai a trovare spazi fra le maglie difensive di Israele, arroccate fino al gol di Frattesi nella propria metà campo. Dietro, in compenso, nessun problema, a parte un tiro a giro di Solomon su un pallone scippato in area a Bellanova (di gran lunga il peggiore degli azzurri nei primi quarantacinque minuti). Ma anche noi non ci siamo resi quasi mai pericolosi: il gol di Frattesi, al 38’, è il primo tiro in porta del match, e questo la dice lunga sul valore spettacolare di questa sfida.

Italia da contropiede

Che il secondo esame per il nuovo corso della Nazionale di Spalletti potesse rappresentare un ostacolo sulla via del rinnovamento lo si poteva anche facilmente immaginare. Costretta a prendere in mano la partita e a comandare il gioco, a differenza di quanto aveva potuto fare al Parigi, la Nazionale ha palesato i suoi limiti offensivi fino a quando non è riuscita a sbloccare il match. Nel secondo tempo, quando Israele ha dovuto per forza aprire le sue maglie difensive alla ricerca del pareggio, l’Italia ha cambiato volto, trovandosi più a suo agio negli ampi spazi lasciati liberi, confermandosi una ottima squadra da contropiede. Raddoppia con Kean e segna anche il terzo gol con Tonali (che ribatte in porta un tiro del centravanti della Fiorentina) annullato per un fuorigioco millimetrico. Il gol di Abu Fani nel finale sporca appena il risultato, e comunque l’impressione rimasta negli occhi è che l’Italia abbia pensato più a cercare il gol che a proteggere il vantaggio. E questa è la più evidente differenza con il calcio di Allegri, perché non si rintana a difendere il risultato, ma sembra cominciare finalmente a divertirsi, nelle opportunità che gli spazi regalano al suo gioco, esprimendo così quella che poi dovrebbe essere la sua vera anima. Diciamo solo che è più facile fingersi spagnoli o inglesi quando te lo lasciano fare.
Ultimo appunto: Tonali si conferma come contro la Francia e Frattesi è ormai a tutti gli effetti il nostro uomo gol. Sono loro i migliori. Bene Kean, nel secondo tempo, quando hanno cominciato a servirlo. Unica nota stonata Bellanova.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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