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La beffa all'ultimo rigore. La Roma perde l'Europa League e Mourinho detta le condizioni per restare

Sul palcoscenico di Budapest sono scesi in campo due vincenti seriali, arrivati al crocicchio del destino nel segno del numero sei. Il Siviglia è alla sua settima finale, avendo vinto tutte quelle prima, l’ultima contro l’Inter nel 2020 . E José Mourinho è alla sesta europea, dopo aver sempre alzato il trofeo, due Champions, due Europa League e una Conference

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
La beffa all'ultimo rigore. La Roma perde l'Europa League e Mourinho detta le condizioni per restare

La beffa è servita, alla fine di una battaglia senza fine. Uno a uno nei tempi regolamentari, gran gol di Dybala e autogol sciagurato di Mancini. Forse c’era anche un rigore per la Roma, Bounou ha fatto due grandi parate, Rui Patricio nessuna, e per far capire che notte delle streghe era questa di Budapest, all’ultimo minuto dei 120 giocati, Smalling ha centrato la traversa, come una condanna del destino, uno squarcio del cielo nero. L’ha vinta il Siviglia ai rigori, 5-2, settima finale di Europa League e settima vittoria, l’hanno vinta i più deboli, l’ha vinta chi non meritava. Ma la Roma ha avuto due facce, una, quella con Dybala, nettamente superiore all’avversario, e l’altra, senza, quasi intimorita, come se avesse paura di scoprirsi, e molto meno geniale in avanti. Mourinho alla fine ha detto che l’arbitro sembrava spagnolo. E se uno guarda anche solo i cartellini gialli, sei alla Roma, tre al Siviglia, e poi il resto, i falli interpretati sempre a vantaggio degli iberici, quel fallo di mani dubbio in area non fischiato, come si fa a dargli torto. Però non serve. Ormai è andata. Fa più male quello che l’uomo di Setubal dice dopo, che non sa se resterà ancora nella capitale. Un addio così non lo meritano i suoi tifosi, non lo merita la Roma.

Così s’è fermata la sua sequenza d’oro. Perché sul palcoscenico di Budapest sono scesi in campo due vincenti seriali, arrivati al crocicchio del destino nel segno del numero sei. Il Siviglia è alla sua settima finale, avendo vinto tutte quelle prima, l’ultima contro l’Inter nel 2020 . E José Mourinho è alla sesta europea, dopo aver sempre alzato il trofeo, due Champions, due Europa League e una Conference. Questa volta solo uno resterà sul trono. Ma il Siviglia non è la stessa squadra di replicanti della Coppa in palio, non c’è più Emery e non c’è più Lopetegui, e ha passato una stagione travagliata, a rabattarsi all’undicesimo posto della Liga a quasi 30 punti dal Barcellona, dopo aver cambiato tre allenatori e caracollato faticosamente nelle retrovie. Mourinho invece è sempre lo stesso, con la su «Bibbia dove annota tutti i suoi allenamenti, la sua personalità straripante, le sue battute, e il suo modo di giocare, anche. Arrigo Sacchi, uno molto diverso dallo Special One, ha detto di lui che «è un allenatore straordinario, che ha grande esperienza e che sarebbe capace di vendere frigoriferi in Alaska. Le sue squadre badano al sodo, ma hanno una spiccata personalità e non mollano mai, hanno carattere, grinta, senso di appartenenza».

Tutto questo s’è visto a Budapest, anche in questa notte triste. Certo, non piace troppo agli esteti, e qualcuno l’ha accomunato ad Allegri. Con una grossa differenza però, perché Mou cura molto anche la fase offensiva, che invece il Max lascia solo alla bontà degli interpreti e alle loro scelte. La verità è che l’unico paragonabile al tecnico di Setubal è Antonio Conte. Che è pure l’unico che forse non lo farebbe rimpiangere sulla panchina della Roma. Per questa finale José ha ritrovato tutti i suoi uomini, con Dybala titolare dal primo minuto. Dall’altra parte c’è una squadra che non fa un grande possesso palla, che è molto pericolosa nei cross alla ricerca di En-Nesry, e per questo allarga spesso il gioco su Ocampos e Navas. Quando alzano il baricentro però gli andalusi lasciano anche ampi spazi aperti alle scorribande degli avversari.

Nei primi minuti, a dispetto delle previsioni, la Roma sembra molto propositiva. Al 5’ Abraham nell’area del Siviglia prova un assist di tacco per Dybala, ma la difesa andalusa spazza via il pericolo. E all’11’ la Joja, defilato sulla fascia, dribbla un avversario, e pesca con una magia Celik che mette in mezzo per Spinazzola: tiro forte anche se centrale, para Bounou in tuffo. Un minuto dopo ancora Roma: lancio in area per Abraham, anticipato dal portiere. Fino a questo momento i giallorossi arrivano facilmente sugli esterni a minacciare l’area del Sivigli. Al 20’ il primo giallo, mostrato dall’arbitro Taylor a Matic che aveva allargato troppo il gomito su Ocampos. Adesso il Siviglia cerca di prendere campo, senza rendersi però mai pericoloso. Finora la partita è bloccata, abbastanza brutta, ma nella sua mediocrità la squadra di Mou pare avere qualcosa in più. Al 30’ intervento di Gudelj in area che prende il pallone e la testa di Abraham: check control per un possibile rigore, ma il Var dice di no. Quattro minuti dopo la svolta: azione confusa a centrocampo, Mancini vede Dybala scattare e gli serve un filtrante d’oro, e l’uomo più atteso di questa partita non sbaglia. Sinistro velenoso, uno dei suoi, e palla in rete. Il Puskas Arena è una bolgia, sembra di essere all’Olimpico, la nebbia dei mortaretti avvolge il campo. Vantaggio nettamente meritato. Sin dall’inizio è stata la partita voluta da Mourinho, facilitato anche dalla pochezza di questo Siviglia, squadra con poche idee, così avara di consistenza in questo primo tempo, che l’uno a zero è davvero poca cosa per quel che si è visto in campo. Poco dopo il 40’ Dybala fa il Messi, semina tutti sulla fascia, entra in area, ne scarta un altro e consegna una palla meravigliosa a Pellegrini che balbetta e spreca tutto tuffandosi a peso morto, beccandosi così l’inevitabile ammonizione. Dall’altra parte è zero assoluto. Eppure al 50’, all’improvviso, una gran sberla da lontano di Rakitic centra il palo alla sinistra di Rui Patricio. Sarebbe stata una beffa pazzesca. Incredibile il calcio. Per pochi centimetri, qualche angelo del cielo ha salvato alla Roma un vantaggio ampiamente meritato.

Il secondo tempo comincia male per i giallorossi, che sembrano essere tornati in campo con la sola intenzione di difendere il misero gol di vantaggio. Il Siviglia ha aggiunto Suso e Lamela alle sue proiezioni offensive e non aspetta altro. Chiudendosi dietro, la Roma lascia avanzare gli andalusi ai limiti della propria area per buttare cross nelle mischie davanti a Rui Patricio: non è che fino adesso hanno mostrato molte altre idee di gioco, ma se gli dai queste opportunità, prima o poi la dea bendata si volta dall’altra parte. E difatti. Al nono minuto, Ocampos arriva quasi indisturbato vicino alla bandierina e butta la palla in mezzo. Nel gran calderone, Mancini anticipa tutti e infila Rui Patricio. Autogol e uno a uno. Colpita alla schiena, la Roma ritorna a giocare, e appena lo fa si vede la differenza. Cross per Smalling sul secondo palo, che schiaccia di testa su Bounou. Al 67’, grande confusione in area del Siviglia, e Abraham a due passi dal portiere colpisce col destro, Bounou rinvia, e Ibanez calcia fuori. Purtroppo, Dybala, di gran lunga il migliore in campo, non ce la fa più per i crampi, e Mourinho è costretto a sostituirlo con Wijnadium. Al 75’ brivido per i tifosi della Roma: Ocampos in area cade su un intervento di Ibanez, che però colpisce anche il pallone. Taylor prima assegna il rigore, ma richiamato dal Var ritorna sulla sua decisione. All’81’ il dubbio si sposta sull’area opposta, per un tocco di mano su cross di Matic. Controllo al check, ma niente rigore anche stavolta. Poi altra grande occasione per la Roma, con Belotti, pescato dietro la difesa da una punizione di Pellegrini, che spara al volo costringendo Bounou a una parata miracolosa. I giallorossi, con l’uscita di Dybala, sembrano aver perso davvero molto. Se Dybala è stato l’uomo in più della Roma, Wijnadium è assolutamente quello in meno. Gli ultimi minuti dei tempi regolamentari sono una sofferenza, perché la Roma, sotto l’assedio del Siviglia non riesce più a uscire e fra un cross e l’altro, prima En-Nesyri la manda poco sopra la traversa, poi ci prova Duso, Rui Patricio non trattiene, e dopo un gran batti e ribatti alla fine Fernando non trova la porta.

Si va ai supplementari. Sono trenta minuti, anzi almeno quaranta di una vera e propria agonia, con giocatori stremati, da una parte e dall’altra, che vagano per il campo correndo con la bava alla bocca come dei cavalli sull’orlo del collasso o crollando a terra per i crampi. Mourinho è costretto a togliere Matic, Pellegrini, Celik. Anche Smalling non ce la fa più, ma resiste stoicamente. E in tutto questo tempo di sofferenza infinita, una sola squadra va vicino al gol, proprio a un secondo dalla fine e sull’ultomo cross nella mischia del Siviglia, Smalling colpisce la traversa. Serata maledetta. Non restano che i rigori. Ma la Roma i suoi rigoristi non li ha più, sono usciti Dybala, Pellegrini, Abraham e a difendere la porta degli andalusi c’è l’eroe marocchino dei mondiali, un grande portiere pararigori come Bounou. Destino quasi segnato. E’ una beffa, e va proprio così. E quando Montiel sbaglia il suo tiro decisivo dal dischetto, Taylor glielo fa ripetere, che uno non ha capito perché, ma tanto non c’è niente da fare. E Montiel non sbaglia più.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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