Per lo scudetto sarà derby di Milano, ma occhio alla Roma di Mou
Fuori da giochi la Juve che ora come ora potrebbe lottare per il quarto posto

Pronti, via. Parte il campionato. In compenso, non finisce il calcio mercato: più di due settimane al traguardo, e sono un bel po’ di giorni, che possono cambiare anche i valori in campo. Allo stato delle cose però molto è già stato fatto, e si può azzardare qualche previsione. La pole scudetto, per noi, è abbastanza chiara: un derby, come quello dell’anno scorso, Milan e Inter in prima fila. Ma subito dietro questa volta non dovrebbe esserci più il Napoli, ma una squadra costruita molto bene, ricca di entusiasmo e guidata da un allenatore che sa come si fa a vincere: la Roma.
La Juve potrebbe lottare per il quarto posto
Lo so che tutti i santoni del calcio ci mettono la Juve sulla stessa linea delle prime, ma sono gli stessi che ce la mettono da due anni, forse per pigrizia di pensiero. I dubbi sui bianconeri non vengono solo dalle prestazioni senza gioco e senza logica delle ultime amichevoli, ma anche da una classifica di meriti, che tiene conto di tutto. Ci sono studi matematici (cosa non si fa per il calcio) che l’hanno piazzata addirittura al settimo posto. Non esageriamo: ora come ora, potrebbe anche lottare per il quarto. Poi, certo, se da qui al primo settembre prende Milinkovic Savic e Zaniolo, cambia tutto. Diciamo che ci sembra impossibile.
L'Inter è nella mani del mercato e con tanti se
Anche l’Inter è sub iudice, o meglio, nelle mani del mercato. Se perde Skriniar e non riesce a sostituirlo bene, è ovvio che si ridimensiona. Ma fino adesso è la squadra più solida di tutte: ha rimesso Lukaku nel motore, riformando la coppia dello scudetto, ha trovato un giovane talentuoso, Asllani per sostituire Brozovic, visto che tutte le sconfitte dell’anno scorso coincidevano con la sua assenza. Ha perso Perisic e aspetta Gosens. Se il tedesco torna ai livelli dell’Atalanta è a posto. C’è qualche «se» di troppo, però.
Dietro la forza del Milan la bravura di Frederic Massara
Chi è senza se è il Milan. I rossoneri meritano un discorso a parte. Hanno cuore e gamba, e gioco. Ma perché è la testa che funziona. E la testa è quella di Maldini e Massara, una coppia perfetta. Maldini è la bandiera, persona intelligente di ottime relazioni, Ma è Massara quello indispensabile. Frederic Massara, classe 68, è nato a Torino, e sua mamma era una signora francese, alta dirigente del Louvre. Cresciuto nella Primavera del Toro, centravanti di belle speranze, appena è partito per altri lidi, l’ha scoperto Giovanni Galeone, facendone un suo pupillo nel Pescara. Dove, guarda gli incroci del destino, giocava a fianco di Max Allegri. Lasciato il campo, ha provato a studiare da dirigente. Ed è diventato il braccio destro di Sabatini. Ora, in Italia, che piaccia o meno ai tifosi, c’erano due grandi ds, che facevano dello scouting e delle idee la loro forza: Walter Sabatini e Paratici. Massara è cresciuto a quella scuola lì, allievo prediletto di «Ciminiera», il più grande consumatore di sigarette al mondo, ma anche uomo di raffinata cultura e profonda intelligenza.
Dal Palermo alla Roma, hanno collezionato colpi e affari per le società, uno dietro l’altro. Quando la Roma l’ha nominato direttore sportivo la prima volta, ha preferito seguire il suo Maestro, all’Inter. Finita quell’esperienza, i giallorossi l’hanno ripreso subito. Fino a quando Boban e Maldini non l’hanno convinto a seguirli al Milan. E lui ha cambiato la storia dei rossoneri: da Theo Hermendez a De Ketelaere sono tutti colpi suoi, e non ha mai sbagliato la mira, dal giovane sconosciuto Kalulu al vecchio Giroud, che tutti consideravano bollito. Forse grazie alle sue origini, conosce come nessuno il calcio francese e anche quello degli emergenti vicini di casa del Belgio.
I limiti della dirigenza Juve
Tutta questa pappardella è per spiegare che i meriti contano, e non cadono dal pero. Ed è la differenza che c’è ad esempio fra il Milan e la Juventus: Massara e Maldini hanno portato idee e conoscenza, perché è così che si costruisce una squadra, come ha fatto anche Pinto con la Roma. Alla Continassa non facendo scouting e quindi non cercando loro i giocatori da prendere, sono lì che si districano fra le mille offerte dei procuratori e la squadra la costruiscono così, appoggiandosi ad Allegri, al quale non piace Depay e saremmo stupiti che arrivasse a Torino, e neppure Chiesa, come nessuno ha il coraggio di scrivere, e per questo hanno fortemente voluto Kostic. Al netto dei dubbi sulla tenuta di Pogba, la Juve vive su alcune incongruenze allegriane che la rendono debole: la mancanza di schemi per l’attacco, la scelta di cercare solo i cross per Vlahovic sognando sempre e soltanto il contropiede, oltre alla più evidente, quella di Bremer, che è un difensore molto forte e soprattutto molto fisico, che sta bene in una squadra che gioca alta, il contrario di quello che fa la Juve, perché in area la sua forza e la sua irruenza possono diventare più un rischio che un aiuto, com’era già successo per De Ligt (e infatti sono difensori molto simili).
Il progetto della Roma
Molto più logica la Roma. Anche qui siamo alla classifica dei meriti e dei valori. «Faremo una squadra degna di Mourinho», aveva detto il Tiago Pinto. C’è chi si riempe la bocca e chi fa i fatti: fino a oggi il ds portoghese ha costruito una campagna acquisti, con 32 milioni di attivo, portando a casa Dybala, Matic e Wijnaldum (con l’ingaggio pagato al quaranta per cento dal Paris St. Germain). Sono tutti acquisti eccezionali. In più, ha tenuto Zaniolo. Manca ancora forse un difensore, e magari arriva pure Belotti a zero. Come si fa a non applaudire un capolavoro del genere?
Il Napoli, la Fiorentina e tutte le altre
Dietro alle prime tre, ci sarà un po’ di bagarre. E’ cresciuta la Fiorentina, con Dodò, Mandragora preferito a Torreira e la scommessa Luka Jovic che se torna quello dell’Eintracht è un acquisto eccezionale. Sono scese di valore il Napoli che ha perso Insigne e Koulibaly (e deve ancora vedere conme va a finire la grana Fabian Ruiz) e l’Atalanta per stessa ammissione di Gasperini: «Non è la squadra che mi aspettavo».
Capitolo a parte il Monza
Galliani ha costruito una squadra ex novo, mischiando esperienza da vecchi marpioni con giovani promesse. Cerca ancora il colpo da sballo, sognando Icardi o qualche altro divo del genere. C’è molto spettacolo berlusconiano nella logica di questa squadra, ma Galliani ci sa fare e quindi ci si può aspettare di tutto. Il Torino di Cairo, reduce dalle baruffe in diretta smartphone fra Vagnati e Juric, non ci pare messo molto bene. Ha ragione il suo allenatore: hanno perso 8 giocatori, non hanno più Bremer, Mandragora e Pobega, e non è arrivato nessuno per prendere il loro posto. Se resta così, rischia tanto. Appena sopra la zona retrocessione: oggi quelle che stanno peggio sembrano Salernitana, Lecce, Cremonese, il Verona, che ha perso Tudor e anche qualche idea, e forse Lo Spezia, orfano pure lui inspiegabilmente di Thiago Motta. E occhio pure alla Sampdoria: rischia di soffrire come l’anno scorso.