Torna la verità del campo. Per il Napoli c'è l'Inter, la prova del nove
Per Mister Spiaze, Simone Inzaghi, il disegno della partita potrebbe adattarsi perfettamente al sistema di gioco dei suoi uomini, che sono capaci come nessuno di aspettare l’avversario e ripartire

Ritorna il calcio giocato e si riparte col botto: Napoli-Inter, la squadra che fino adesso ha dominato il campionato e quella che alla vigilia godeva di tutti i favori dei pronostici. Per Spalletti è una sfida insidiosa, perché Inzaghi è uomo da partita secca, che ha costruito la sua carriera sui faccia a faccia da dentro o fuori e molto meno sui lunghi percorsi di un torneo, e questa ha tutta l’aria di essere proprio una contesa da ultima spiaggia per i nerazzurri. Si confrontano la squadra che ha segnato più di tutte, 37 gol alla media di 2,46 a incontro, e una batteria di fuoco che ha dimostrato di non dipendere soltanto da Osimhen, con quella che viene subito dietro, 34 reti alla media di 2,26, e che potrebbe presentare almeno per uno spezzone del match la coppia Dzeko-Lukaku.
Per Mister Spiaze, Simone Inzaghi, il disegno della partita potrebbe adattarsi perfettamente al sistema di gioco dei suoi uomini, che sono capaci come nessuno di aspettare l’avversario e ripartire. Il suo problema, in queste 15 giornate che hanno preceduto la lunga sosta, è sempre stato quello della difesa, troppo esposta alle ciurme in arrembaggio che l’hanno presa d’assalto. Se è riuscito a correggere questo difetto (non da poco, a onor del vero) e a preparare la partita nella testa dei suoi come una autentica finale, tutto diventa possibile, anche un risultato a sorpresa.
Sul Napoli, come su tutte le sue contendenti, incombe l’incognita di questa lunga sosta anomala. L’unico precedente cui fare riferimento è quello del Covid, nell’Anno del Signore 2020, quando alla ripresa del campionato cambiarono in effetti alcuni valori, e se l’Inter di Conte ricominciò balbettando, il Milan invece andò a mille per non fermarsi più e la Lazio (di Simone Inzaghi) si smarrì lungo il cammino, perdendo per strada ambizioni e posti in classifica.
Per Spalletti questo è uno scoglio decisivo: se riesce a mantenere la rotta, sarà difficile per tutti coltivare ancora fondate speranze di rimonta. E’ vero che a metà gennaio l’attende un altro appuntamento importante, di nuovo al Maradona, contro la Juventus, ma i bianconeri, sommersi da inchieste, campagne stampa, verbali come se piovesse e nuovi indirizzi societari improntati all’austerity, ci paiono avversari ormai in altre faccende affaccendati più che in grande spolvero. In questi giorni, una intervista dietro l’altra, si stanno affannando tutti a ripetere che Allegri è l’uomo giusto per portare la barca in porto fuori dalle burrasche del mare procelloso. Boh. Sarà anche così.
A noi la Juve pare più che altro un malato in attesa di diagnosi, e se al suo capezzale è tornato a imperversare Cobolli Gigli, che dispensa consigli e lezioni in giro, francamente non è che la vediamo tanto messa bene. Senza contare che parlano tanto di clima diverso, di tagli e rigore, poi, a parte i giovani che si giocano il futuro, gli altri fanno tutti quello che vogliono. Di Maria, che è un fuoriclasse, può vantare diritti e pretese, se c’è chi glieli concede. Ma per Paredes, ad esempio, confessiamo un po’ di volgare invidia. Non ha mai giocato da titolare in nessuna squadra se non nell’Empoli e nello Zenit, riuscendo sempre a strappare contratti faraonici, che ci chiediamo come faccia uno così, che assomiglia tanto a Felipe Melo, stessa impronta da rissaiolo e stesso bidone.

Pogba, invece, è un genio. Un autentico genio. Ha cominciato quest’estate professando amore eterno: "Voglio solo la Juventus". Che erano gli unici "fessi" che lo avevano cercato, visto che era da tre mesi che non scendeva più in campo. Adesso tira avanti con un menisco rotto da sei mesi, roba che Baresi giocava la finale col Brasile dopo 15 giorni, accampando persino uno stregone come guaritore. Poi fa una gita a Los Angeles, un salto in Qatar e al posto di allenarsi va in vacanza sugli sci. Un grande. Il tutto per 10 milioni all’anno versati sul suo conto corrente da una società che sta affondando di debiti. Non vogliateci male, ma è per questo che guardiamo con grande simpatia al Napoli e al Milan, due club seri e in regola con i bilanci, che fanno il bene di questo mondo alla deriva, dimostrando a tutti che con la competenza e le capacità si possono costruire squadre di valore senza buttare i soldi dalla finestra. E praticando pure, come nel caso di Spalletti, il miglior calcio d’Italia.
Alla ripresa del campionato la Juve deve vedersela con la Cremonese, terz'ultima in classifica, ma squadra rognosa, che espone un calcio d’antan, asserragliata in difesa con le baionette, mentre il Milan rende visita alla Salernitana di Nicola, che alterna imbarcate terribili a imprese eccezionali con la stessa imprevedibilità. Due ostacoli da prendere con le molle.
Stesso discorso per la Lazio, in visita a Lecce. Secondo noi è possibile che almeno una delle tre qualche punto ce lo lasci. Più facile il compito della Roma di Mourinho, che se il cielo vuole non ha ceduto alle lusinghe del Portogallo per fare il ct, opposta al Bologna. In casa giallorossa, non è risolta la grana Karsdorp. Il fatto è che con Mou è un po’ difficile fare quello che ti pare (chissà che risate ci faremmo se allenasse Pogba).
Noi Karsdorp lo vedremmo bene alla Juve: andrebbe d’accordissimo con Paredes e compagnia. In ogni caso non crediamo che questo sarà un grande mercato di gennaio. Soldi non ce ne sono e prima o poi, come si dice, i nodi vengono al pettine. Il mondiale ha lasciato qualche tentazione e più di un sogno irrealizzabile. A noi, un giocatore è piaciuto più di tutti (e l’abbiamo sempre scritto), fra i tanti nomi che si sono fatti a seguir le mode. Ha giocato nel Marocco, è di proprietà dell’Angers, che non chiede la luna, ha solo 22 anni, ha fantasia e corsa: si chiama Azzedine Ounahi. E guarda caso l’unica società interessata in Italia è il Napoli.