Perché Andrea Agnelli è finito fuori da tutto e non solo dalla Juventus
Come Icaro qualcuno dice che forse si è avvicinato troppo al sole. Ha provato, ha fallito, non ha chiesto scusa, ma ha sentito tutto il peso dell’errore.

Non sempre tutto cambia perché nulla cambi, come nel Gattopardo. Alla Juventus non è così, almeno oggi. Le dimissioni di Andrea Agnelli e del cda, diventate effettive da questo grigio mercoledì di nuvolaglie incombenti, segnano davvero la fine di un’epoca, che ha portato in dote nove scudetti di fila e l’illusione di poter competere con le Grandi d’Europa al loro stesso livello, oltre alla precipitosa discesa finale nei marasmi giudiziari. Di tutto quello che è stato, non sappiamo ancora cosa potrà restare o cosa no.
Sappiamo che Agnelli ha deciso di uscire da tutto, non solo dalla Juventus, ma anche da Exor e Stellantis, per avere «libertà di pensiero», ha detto, restando in qualità di azionista solo nella Giovanni Agnelli BV, la holding della Casa. Volente o nolente, Andrea ha scelto di camminare da solo - «non aspetto l’ora di riempire questa pagina bianca» -, abbastanza lontano comunque dalla sua creatura.
D’altro canto da oggi la Juve difficilmente riuscirà a essere ancora quella che lui aveva immaginato. Cambieranno di sicuro i criteri di conduzione, e con essi anche le ambizioni che ne derivano. E tenere i conti a posto sarà il primo comandamento imprescindibile della nuova società. Non che Andrea non ci sia mai riuscito. Nella prima parte della sua gestione aveva ripianato i debiti e aumentato il fatturato, come ha rivendicato nel suo lungo discorso di addio, citando, oltre allo stadio di proprietà, «lo sviluppo immobiliare, con investimenti diretti e indiretti per 400 milioni, la crescita della società in diversi ambiti, la creazione del nostro logo che ci pone in una nuova dimensione, la Next Gen che sta dando i suoi frutti e ci permetterà di avere il 50-60 per cento di giocatori del vivaio in prima squadra nell’arco di 5-8
L'azienda Juventus
Basta fare un salto allo Stadium, con il suo museo, lo shopping center suddiviso in tre settori, i campi da gioco e l’hotel di lusso nel villaggio sportivo, per rendersi conto che in questi anni la Juventus è diventata a tutti gli effetti una vera e propria azienda. E fino a quando ha accettato questa sua dimensione le cose sono andate bene. Ma Andrea Agnelli è soprattutto un uomo di finanza, ha uno sguardo diverso dal comune imprenditore, più proiettato sul futuro, con tutti i rischi che ne conseguono, e dopo aver fatto crescere la Juventus ha cercato di salire ancora di più, verso il top del calcio mondiale, e poi ancora di più, per rivoluzionare il sistema. L’acquisto di Ronaldo è stato il primo passo in quest’ottica, preso non tanto o non solo per avere qualche gol in più, ma perché lui rappresentava un’azienda che avrebbe accresciuto il valore imprenditoriale della società.
E’ stato senza dubbio sfortunato, perché la pandemia ha inferto un colpo letale al suo progetto. Senza incassi, con lo stadio vuoto, e i costi saliti alle stelle per l’effetto Cr7, anche la Juventus s’è trovata con l’acqua alla gola. Ma il problema è che lui non s’è fermato. Come i grandi giocatori d’azzardo ha scelto di rilanciare e in una tempestosa notte dell’aprile 2021 ha tirato fuori lo sciagurato progetto della Superlega, nel quale lui continua ancora a sperare, come ha tenuto a ripetere nel suo discorso d’addio. Quella idea ha di sicuro una ragione, ed è che devono essere le società a gestire e dividere gli introiti delle sfide europee e non l’organismo monopolista dell’Uefa. Ma la sua abborracciata presentazione, così confusa e incongruente, ha finito per isolarlo ancora di più, vicino a due colossi che, loro sì, possono reggere il peso della sfida, per la forza della storia e del potere che rappresentano. Non lui, che li inseguiva da lontano, sognando di raggiungere il loro livello. Non questa Juve.
Il futuro è una pagina bianca
Come Icaro forse si è avvicinato troppo al sole. Ha provato, ha fallito, non ha chiesto scusa, ma ha sentito tutto il peso dell’errore. Adesso che questo capitolo appartiene ormai al passato, deve pensare a scrivere il suo futuro. Che non sarà di sicuro più alla Juventus, come qualcuno ancora ipotizzava nei giorni scorsi, azzardando persino la possibilità che la potesse acquistare. Ma lo escludiamo nel modo più assoluto. John Elkann avrebbe fatto 3 promesse all’Avvocato: che non avrebbe mai ceduto i 3 gioielli di famiglia, la Ferrari, la Juve e la Stampa. La Ferrari rende così tanto anche quando non vince che sarebbe una pazzia anche solo pensare di venderla. Dei giornali, piuttosto cederebbe Repubblica, e comunque fino adesso ha rifiutato l’unica offerta ricevuta. E per la Juventus nella sua fase calante nessuno gli darebbe i soldi che potrebbe valere. E in ogni caso quei soldi Andrea Agnelli non li ha.
E’ un altro il futuro che sta progettando, un futuro nuovo, diverso pure da quel che immaginiamo: «Avendo chiuso una parte della mia vita così importante, la mia volontà è trovare una pagina bianca da poter riaggredire e affrontare con passione... E’ stata una mia decisione personale, con le assemblee che presiedo farò un passo indietro. L’ho fatto d’accordo con John Elkann, con il quale il rapporto è strettissimo. E’ stata una mia decisione, d’accordo con Tavares e Elkann. Voglio avvicinarmi al futuro con una pagina bianca, lo reputo indispensabile per avere una libertà di pensiero che mi consenta di affrontare questa nuova parte. Non vedo l’ora di iniziare».
Cosa significhi davvero la sua uscita dai board di Exor e di Stellantis è ancora presto per dirlo. Di fatto, tutto questo certifica una nuova composizione nella complessa geografia degli equilibri della famiglia. Andrea Agnelli ha deciso di camminare da solo, su una strada parallela a quella del cugino, che non sappiamo dove porterà. Potrebbe essere il primo passo di un disimpegno più grande anche dalla holding della Casa, la cui liquidazione per Andrea, secondo i calcoli fatti dal Sole24ore, ammonterebbe a 924 milioni di euro. Ma è un percorso che ci sembra comunque alquanto improbabile. Si dedicherà ad altre attività, tornerà a guardare la Juve solo da tifoso. Il lungo addio, cominciato quasi due mesi fa, è finito così.