Lotta scudetto: il Napoli ha smascherato l'intruso. Dietro gli azzurri restano solo le milanesi
Al Maradona è la pochezza dei bianconeri che esalta la truppa di Spalletti
Bene, ora qualche cosa in più l’abbiamo capita da questo campionato. Che il Napoli era forte lo sapevamo. Ma dopo il 5 a 1 del Maradona abbiamo smascherato l’intruso che si era infilato a corte, perché quando si perde così è meglio ritirarsi in buon ordine nelle proprie stamberghe e non farsi vedere troppo in giro. E sappiamo che saranno solo le milanesi a rincorrere con qualche speranza Spalletti. Con una certezza: le squadre di Inzaghi hanno sempre faticato nel mese di gennaio, poi cominciano a volare. Ma anche il Napoli che ha strapazzato la Juventus sembra aver fatto una preparazione più mirata alla primavera che all’immediato, almeno a giudicare dalla squadra inconsistente che ha perso con l’Inter e quella fortunata che ha vinto a Genova.
Al Maradona, è la pochezza dei bianconeri che esalta la truppa di Spalletti: il talento di Osimhen e Kvara danza sulle macerie fumanti di una roccaforte già crollata, mentre Lobotka, Anguissa e Zielinski sequestrano il campo e affondano come nel burro sull’inconsistenza della mediana avversaria. Non basta ad Allegri cambiare schieramento per nascondere la propria debolezza, e una difesa che si affloscia nell’impossibilità di reggere gli stessi ritmi dell’orda di crociati in maglia azzurra che incendia la notte di Napoli.

Adesso sulla Juve non è il caso di farne una tesi di filosofia politica, come fa Adani. Il gioco non c’entra niente, o solo in parte, e anzi, badasse più allo spettacolo e meno alla sostanza, probabilmente sarebbe messa pure peggio. L’unico vero problema è l’organico scadente, figlio di campagne acquisti demenziali (adesso anche i giornali scrivono quello che sanno tutti e Tiscali ha sempre detto, che Kvara l’aveva già preso Paratici per un pugno di euro e il primo capolavoro della coppia Arrivabene Cherubini è stato quello di annullare l’acquisto). E su questo, sì, qualche responsabilità ce l’ha Allegri. S’è messo in ginocchio per convincere Di Maria strapagandolo, ha voluto a tutti i costi Paredes con le sue ciabatte da spiaggia e l’insostenibile leggerezza che è il suo vero marchio di fabbrica, e ha accettato Pogba, l‘ex tutto, ex Juve e ex giocatore, il Polpo rotto, altra idea geniale della coppia Arrivabene Cherubini.
La Juve ha un centrocampo troppo debole, e a Napoli opposto a quello meraviglioso di Spalletti l’ha certificato con abbondante vergogna. Ha un solo giocatore decente, Rabiot, che non è però quel fuoriclasse venduto da mamma Veronique, e a questa mediocrità aggiunge qualche idea sbagliata del suo mister, perché a far giocare Chiesa terzino ci aveva pensato solo Iachini, che non è proprio un maestro da prendere ad esempio, e non so se mi spiego. Senza contare che è difficile capire il Locatelli della Juve, se uno l’ha visto col Sassuolo e in nazionale agli Europei. Dei giovani, poi, Allegri ha lasciato partire l’unico veramente pronto che aveva, Rovella. Fagioli, checché ne pensino i suoi estimatori filojuventini, è uno che serve a metà, costruisce ma non distrugge, cammina ma non corre, e può rendere in un centrocampo di ferro, mentre se lo inserisci in quello rabberciato dei bianconeri, è una zavorra in più. Davanti a Szczesny ha perso l’unico difensore forte che aveva, De Ligt, sostituendolo con uno che non è certo alla sua altezza (Bremer) e con un altro fino adesso sinceramente impresentabile (Gatti). Come si fa a pensare che una squadra così possa lottare per lo scudetto? Fino adesso ha avuto molto più di quello che meritava, sospinta da un maestrale di fortuna in almeno tre partite (Verona, Inter e Cremonese) che l’hanno ampiamente ricompensata del furto subito contro la Salernitana.
Dietro al Napoli non restano che le milanesi. Pioli arranca, e la rimonta della Roma, la sconfitta in superiorità numerica col Torino e il pareggio raffazzonato col Lecce testimoniano una carenza di condizione evidente. Ma soprattutto se si insegue l’Europa non si può correre per nove mesi alla stessa maniera. E’ normale. Lo stesso Napoli sembra aver rallentato. Mercoledì c’è la Supercoppa, in trasferta a Riad, Arabia Saudita, come impone la legge implacabile del dio denaro. Si presenteranno due squadre un po’ ingrigite, nascoste nella nebbia. Il Milan e l’Inter hanno impostato la preparazione per la ripresa della Champions. Il Milan dura un tempo, il primo con la Roma, il secondo con il Lecce, e l’Inter fino adesso più o meno la sfanga, vittorie di corto muso, ai supplementari, o rubate dal Var, come quella del Monza. Cominceranno a correre a febbraio. Se avranno ancora il Napoli in vista, potranno rinfocolare qualche speranza. Se no Spalletti potrà finalmente prendere in mano il suo scudetto italiano che gli era sfuggito a Roma già in inverno, in queto strano inverno di benzina alle stelle e di futuro in bilico, mentre mai come adesso ci siamo trovati a piangere insieme le foglie del passato, cadute in terra e spazzate via dal vento.