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Juve, ora indaga anche la Uefa. Il gip: “Possibile buona fede”. Le intercettazioni: “Tanto la Consob la supercazzoliamo”

"Potenziali violazioni dei regolamenti sulle licenze per club e sul fair play finanziario". Respinte le richieste di misure interdittive per Andrea Agnelli e altri indagati dell'inchiesta. I dialoghi intercettati che hanno portato alle dimissioni del Cda della società bianconera

Arrivabene-Agnelli-Nedved
TiscaliNews

L'Uefa ha aperto un'inchiesta sulla Juventus per "potenziali violazioni dei regolamenti sulle licenze per club e sul fair play finanziario". L'indagine formale, condotta dalla corte di primo grado dell'organismo di controllo finanziario dei club, fa seguito ai rilievi Consob e all'inchiesta della Procura della Repubblica di Torino sui bilanci della societa' bianconera.

Sulla questione delle plusvalenze la Juventus potrebbe essere in buona fede. È quanto osserva Ludovico Morello, il gip del Tribunale di Torino che lo scorso 12 ottobre ha respinto le richieste di misure interdittive per Andrea Agnelli e altri indagati dell'inchiesta sui conti della società bianconera. Alla luce degli atti disponibili in quel momento, il giudice ha scritto che se la Juventus si è davvero attenuta alla prassi standard "risulterebbe difficile ipotizzare un discostamento consapevole, e quindi in definitiva doloso, dai corretti criteri di contabilizzazione delle poste". Per Morello è comunque opportuno "un accurato approfondimento".

Le intercettazioni

"Per fortuna alla luce delle recenti visite ci siamo fermati". E' quanto disse, riferendosi alla prassi delle plusvalenze e agli accertamenti della Consob, il direttore sportivo della Juventus, Federico Cherubini, in una conversazione intercettata dalla guardia di finanza il 22 luglio 2021. Cherubini non è indagato. Questa frase è uno degli elementi su cui poggia la decisione del gip del Tribunale di Torino di non accogliere le richieste di misure cautelari e interdittive per Andrea Agnelli e altri dirigenti bianconeri: non sono stati ravvisati pericoli di reiterazione del reato.

“Tanto la Consob la supercazzoliamo”. Così diceva –secondo quanto risulta da un’intercettazione a un collega il direttore finanziario della Juve Stefano Cerrato, parlando dello scambio con il Marsiglia Tongya/Aké e valso una plusvalenza di 8 milioni. Ma invece le cose per la società bianconera sono andate molto diversamente visto che tutto il Cda si è dovuto dimettere.

L’intercettazione risale al 15 ottobre 2021 quando l’ispezione dell’organo di vigilanza, avviata tre mesi prima, era ormai alle battute finali. Tuttavia dopo quell’intercettazione i pm hanno voluto vederci chiaro sulle presunte plusvalenze sui giocatori. I dirigenti nelle telefonate intercettate parlano a ruota libera di quanto stava accadendo e delle manovre difensive per uscire indenni da quella verifica. Tutti Ignari che, dal 14 luglio, in ascolto delle loro conversazioni c’è la guardia di finanza.

Dopo aver parlato dell’affare Arthur-Pjanic con il suo predecessore Stefano Bertola (capo dell’area business), Cerrato telefona a Roberto Grossi, revisore di Ernst&Young per dirgli di aver preparato la relazione: “Penso, che però, sarebbe opportuno dargli (alla Consob, ndr) un riferimento più o meno di principio contabile o di qualche cosa, cioè posso io supercazzolarli in modo più raffinato? Invece di dire solo questo?”.

Queste intercettazioni registrate durante l’ispezione della Consob saranno estremamente preziose per gli inquirenti che ora contestano ai vertici del club — Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene e ad altri manager — false comunicazioni sociali per tre bilanci (dal 2018 al 2020), ostacolo alla vigilanza, aggiotaggio e false fatturazioni. In particolare sotto accusa ci sono le presunte “plusvalenze artificiali” e le “manovre stipendi” sul differimento delle mensilità dovute ai calciatori nei mesi di pandemia.

E proprio le plusvalenze sono al centro di una lunga conversazione tra il ds Federico Cherubini e Bertola. La sera del 22 luglio i due prenotano un tavolo al ristorante Cornoler, a due passi dal centro e dalla vecchia sede della Juve. Poco prima dell’appuntamento i militari del nucleo di polizia economico finanziaria riescono a piazzare le microspie. Sarà l’unica intercettazione ambientale dell’inchiesta, ma una delle più produttive, dal punto di vista investigativo, con oltre tre ore di conversazione captate.

Ovviamente, si parla di pallone e affari, di plusvalenze e del capo dell’area tecnica Fabio Paratici, che da pochi giorni aveva lasciato il club. "Io l’ho detto a Fabio (Paratici, ndr): è una modalità lecita ma hai spinto troppo", dice Cherubini. "E lui mi rispondeva: “Non ci importa nulla, perché negli scambi se metti 4 o metti 10 è uguale, nessuno ti può dire nulla”. Il ds insiste: "Fabio ha avuto carta libera". La discussione è tale che Bertola confida: "La situazione è davvero delicata. Io in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Lì c’era tutto il mondo che ci tirava contro, questa invece ce la siamo creata noi".

Parole inequivoche per gli investigatori, ma che secondo un’interpretazione difensiva potrebbero avere un’altra chiave di lettura: un parallelo tra le difficoltà della società nel periodo post Calciopoli — con i calciatori in fuga e la squadra in B — e l’attuale, con il caos Superlega e i bilanci in crisi per il Covid. Bertola non è mai andato a parlare con i magistrati. Per ora, per lui e gli altri indagati, parlano le intercettazioni. Come quella di un altro manager che sottolinea la necessità di dare risposte alla Consob perché non si può dire agli ispettori che "il bilancio è un atto di fede".

1 dicembre 2022
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