Sulla Juventus adesso pende l'incubo di un altro 2006. E la condanna rischia di essere molto più pesante
Prima di buttare giù per sempre il castello, faremmo meglio a fare i conti con quel che potrebbe restare, e pensare bene a quel che invece rimane dopo. Siamo sicuri che saremo tutti più forti e più ricchi senza Juventus?

E’ una batosta, come hanno titolato i giornali, forse persino inattesa in queste dimensioni. Ma quello che adesso appare sempre più chiaro è che i 15 punti levati alla Juventus per le plusvalenze rappresentano in realtà solo la prima parte di una condanna che rischia di essere molto più pesante. Che il velocissimo processo della Giustizia sportiva, neanche mezza giornata, potesse andare in questa direzione non lo paventavano tanto le numerose intercettazioni, che delineavano un quadro border line piuttosto che veramente accusatorio, quanto le dichiarazioni rese da Federico Cherubini alla Procura, oltre al Libro nero gelosamente conservato con gli appunti sulle operazioni artificiali: «Io più volte mi sono lamentato con Fabio Paratici che il valore che stavamo dando a quei giocatori non era congruo». Dietro a questa frase da 15 punti in meno ci sono poi tutte le incongruità di una sentenza che qualche dubbio lo lascia, perché già non capita spesso che la Corte raddoppi quasi la pena richiesta dal pm, ma un po’ stupisce che sotto la sua mannaia ci sia finito anche il povero Cherubini e soprattutto che a pagare sia soltanto la Juventus, visto che da che mondo è mondo noi pensavamo che le plusvalenze si facessero in due. Evidentemente non è così.
Secondo grande processo
La verità è che ieri, venerdì 20 gennaio 2023, è cominciato il secondo grande processo alla Juve dopo calciopoli. Non so, come vogliamo chiamarlo questo? Juvopoli? Ora ci sarà il preannunciato ricorso al Coni, che non lascia spazio a riduzioni di pena o ad accomodamenti vari: verdetto confermato o ribaltato. E considerato che la seconda ipotesi ci pare perlomeno alquanto improbabile, vista anche la debolezza della linea difensiva, è giusto chiedersi a questo punto fino a quale baratro la Giustizia sportiva spingerà la società che si appresta a commemorare il 24 luglio i cento anni della Famiglia Agnelli alla sua guida. Alla porta bussano già minacciosi altri filoni, dal dossier plusvalenze/2 al falso in bilancio, dalla carta di Cierre7 a Ceferin e l’Uefa che stanno aspettando in cagnesco che passi il cadavere sulla sponda del fiume, dal tribunale sportivo a quello ordinario è tutto un lungo elenco di sentenze e processi avversi che pendono sul capo della Juventus. Se questo è l’inizio, il futuro si preannuncia abbastanza nero. «Fino alla fine».
Qualcosa già visto nel 2006
Molte cose riportano alla mente qualcosa che abbiamo già visto nel 2006, il processo mediatico, il clima giustizialista che si respira, l’isolamento silenzioso della Juventus. Come allora si ripete la stessa storia, il ramo Umberto della famiglia Agnelli che viene da anni di vittorie prepotenti e che cade rumorosamente su quella linea invisibile che sancisce la fine di un viaggio, sostituito di nuovo da John Elkann, costretto volente o nolente a prendere in mano le redini della baracca. Viene annunciato un cda di combattimento per difendere la società in tutte le sedi. Nel 2006, l’avvocato si rimise alla clemenza della Corte, con i risultati che conosciamo. Adesso non è che la linea difensiva sia sembrata molto più agguerrita. In pratica, «siamo già stati giudicati e non abbiamo fatto nulla di illecito», come quegli avvocati d’ufficio dei film di Totò: «Signor giudice il mio assistito si dichiara innocente».
Come se tutto fosse già scritto
E’ come se tutto fosse già scritto e il precipizio ineluttabile. E questa era la parte del processo che in società temevano meno. Sulle plusvalenze la Juventus era stata assolta in primo e secondo grado, poi le undicimila pagine dell’inchiesta Prisma, con annesse le intercettazioni e il mea culpa di Cherubini, hanno rimesso in moto la macchina della Procura federale, ma a giudicare dalla difesa approntata, devono aver pensato che non ci fosse pericolo. Ora sono tutti un po’ basiti. Quando tutto sarà finito, bisognerà fare i conti con quel che resta e con gli errori disseminati in questa storia. Andrea Agnelli nel rincorrere i suoi sogni di grandezza è partito in guerra senza il fucile e senza l’elmetto, e quella guerra ha buttato all’aria dieci anni di vantaggio sugli altri in Italia e l’illusione di inseguire da vicino i potenti d’Europa. Bisogna prepararsi per andare in guerra. Se no, non puoi neanche lamentarti: è solo colpa tua. Ma anche noi, prima di buttare giù per sempre il castello, faremmo meglio a fare i conti con quel che potrebbe restare, e pensare bene a quel che invece rimane dopo. Siamo sicuri che saremo tutti più forti e più ricchi senza Juventus?