Dallo scudetto a Garcia, la grande serie tv di Aurelio De Laurentiis
Il patron del Napoli quest’estate ha deciso di far di testa propria nella convinzione che le sostituzioni di Spalletti e Giuntoli fossero semplici dettagli
Tudor o non Tudor? Poi magari dal mazzo salta fuori Mazzarri. E’ che noi non l’abbiamo mica capito bene come funzionano questi casting. Tanto per cominciare, diciamo che quello dell’estate s’è risolto in un discreto fallimento, anche perché l’irriconoscibile Garcia di questi pochi mesi sotto il Vesuvio, triste, solitario y final, poco o niente aveva da spartire col calcio spumeggiante di Spalletti. Uno poteva anche intuirlo che non ci azzeccava molto con questa squadra. Il brutto è che però, forse, non è stato l’unico errore.
Cominciamo dall’inizio. Aurelio De Laurentiis ha tanti meriti nell’ascesa del Napoli. Tre nomi su tutti. Giuntoli, anche se juventino («se sapevo, lo cacciavo prima»: ipse dixit), l’ha scelto lui, quando era solo il ds del Carpi. E soprattutto Micheli e Mantovani, gli uomini scouting, sono sue creature. Adl ha ricostruito il Napoli passo su passo, e colpo su colpo, senza buttar mai via i soldi, bilanci sani e crescita continua, un occhio alla politica dello sport e grandi idee di cambiamento. Ma arrivato quasi in cima, al primo scudetto della sua gestione, qualcosa si è inceppato all’improvviso. Giuntoli e Spalletti, due artefici di quell’impresa, hanno fatto le valigie: tante grazie e saluti. A sentir lui, il primo gliel’ha chiesto quasi in ginocchio. E il secondo s’era stancato troppo. Boh. Giuntoli e Spalletti sono due toscanacci, cioé dei tipetti mica tanto facili da trattare, che se per sbaglio qualche volta li hai offesi non è che se lo dimenticano subito. La sensazione è che, almeno nel caso del mister, qualche ruggine c’è stata.
In ogni caso, comunque sia andata, il patron quest’estate ha deciso di far di testa propria nella convinzione che le sostituzioni di Spalletti e Giuntoli fossero semplici dettagli. Primo errore: se al posto di mandare la famosa pec al suo tecnico, si fosse mosso già in primavera per cominciare a preparare il futuro, forse si sarebbe evitato il casting stile Cinecittà per scegliere il nuovo allenatore. Quaranta nomi e troppi no. Ha detto no il suo preferito, Italiano. Ha detto no Thiago Motta. Ha detto sì Paulo Sousa, ma poi è stato il Napoli a dire di no. Alla fine ecco spuntare dal cilindro Rudi Garcia, un tecnico ormai in irreversibile parabola discendente dai lontani fasti di Lione. Solo che Adl si dev’essere convinto che tutto quello che tocca lui diventa oro. Non sempre funziona così.
Il secondo errore arriva a ruota, quando decide di non sostituire Giuntoli con una figura sovrapponibile alla guida dell’area tecnica del Napoli, lasciando così Garcia da solo, al posto di mettergli uno vicino che avrebbe potuto consigliarlo meglio e spiegargli che doveva toccare il meno possibile della macchina perfetta costruita da Spalletti. Siccome quello che conta è lui, e basta e avanza, chiama come ds Meluso. Alla fine De Laurentiis ha immaginato che il Napoli potesse diventare una realtà completamente personalizzata sulla sua figura, una piramide sotto un unico vertice: il suo.
Così adesso si è arrivati alla resa dei conti. E il giochetto di si ripete. Il prescelto, Antonio Conte, dice di no. L’ex Juve ed ex Inter è uno che vuole mano libera, un sergente di ferro e un decisionista, che mal sopporterebbe ingerenze di sorta: non lo vediamo troppo andar d’accordo con un padre padrone. Dopo di lui, c’è Tudor, un altro che non ci pensa due volte a mandare a quel paese chi non gli garba. E’ giovane e bravo, ma il suo è un calcio propositivo stile Gasperini, niente a che vedere con Spalletti. Un allievo del tecnico di Certaldo sarebbe Cannavaro, ma il curriculum non brilla. E allora, occhio a Mazzarri, che non è che negli ultimi tempi abbia fatto faville. Per di più, Garcia non ha nessuna intenzione di trovare un accordo per sciogliere il biennale (scadenza giugno 2025) da 3,2 milioni netti a stagione. Sono ore frenetiche. Grande riunione nella sede della Filmauro a Roma, con l’ad Chiavelli, il ds Meluso, il club manager Sinicropi e il capo scouting Micheli, che secondo la vulgata popolare sarebbe quello che avrebbe spinto per convincere Adl a prendere Garcia. Non tira una bella aria.
Adl vuole solo un traghettatore, aspettando Farioli (miracolo Nizza) o Italiano per giugno. Sembra davvero così lontano lo scudetto? Confucio diceva: il successo dipende dalla preparazione precedente e senza una tale preparazione c’è sicuramente il fallimento. Ecco: tutto quello che c’è stato prima è un gran pasticcio. E’ senza dubbio vero che la fiducia in se stessi è il primo segreto del successo (Walt Disney diceva che la chiave di tutto è credere fino in fondo in qualcosa e nelle tue capacità di ottenere quello che vuoi), però bisogna sempre stare attenti a non esagerare. Un po’ di umiltà non guasta. «Non mi giudicate per i miei succissi, ma per tutte quelle volte che sono caduto e sono riuscito a rialzarmi». E’ un consiglio. Lo suggeriva Nelson Mandela.