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Non sottovalutiamo la prima giornata. Ecco perché la Juve avrà grosse difficoltà

Bravo Simone Inzaghi: mai visto l’Inter di Conte giocare così bene. Bene Roma, Napoli e Milan. Allegri e Locatelli non bastano: sarà un buon risultato se la Juve arriverà fra le prime 4

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Dybala e Cuadrado in gol nel 2-2 contro l'Udinese (Ansa)
Dybala e Cuadrado in gol nel 2-2 contro l'Udinese (Ansa)

Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, quello che ci ha raccontato la prima giornata non bisognerebbe sottovalutarlo troppo. Tanto per cominciare si è tornati a guardare una partita di calcio come si deve, con il contorno indispensabile del suo pubblico e l’urlo della gente che riempie finalmente il silenzio assurdo degli stadi vuoti. Dazn permettendo. Perché le immagini, su cellulari o tv, non sono state proprio un bel buongiorno. L’insostenibile precarietà dei collegamenti, con quelle sue rotelle e gli schermi neri per l’instabilità o l’assenza del segnale, ha reso il servizio di questo colosso del broadcasting una perigliosa avventura nella giungla, complicata dal fatto di non poter avere dall’altra parte nessuno a cui chiedere anche solo aiuto o con il quale far valere la tua protesta. Se non vedi, sono affari tuoi e t’arrangi.

Bravo Inzaghi: mai visto l’Inter di Conte giocare così bene

Peccato, perchè la prima giornata della Serie A che insegue il ritorno alla normalità ha offerto un mucchio di spunti interessanti. A cominciare dall’Inter di Inzaghi, per la quale qualcuno aveva già pensato di recitare il suo de profundis. Antonio Conte aveva costruito una macchina da guerra quasi perfetta per il campionato italiano, molto sparagnina, difesa bassa e contropiede, che se lo avesse fatto in un’altra squadra certi commentatori un po’ troppo di parte lo avrebbero azzannato come fanno con Allegri. Per la squadra del cuore andava bene. Però, in due anni mai avevamo visto l’Inter giocare così bene, stesso sistema, ma più aggressiva, con la difesa più alta e il doppio regista. Non aveva Lukaku e Hakimi, due giganti, eppure ha mostrato qualcosa in più: la volontà di comandare.

Una Roma cattiva, come vuole Mourinho

Il bello è che han fatto quasi tutti bene. Il Napoli in dieci ha sistemato il Venezia con un risultato netto, e persino il Milan, difendendo da provinciale il suo golletto, ha ottenuto quel che voleva. Però le squadre che ci hanno colpito di più, dopo l’Inter, sono la Roma e l’Atalanta. I giallorossi stanno crescendo a immagine e somiglianza di Mourinho, una squadra bella per finta, ma molto pratica e solida, molto cattiva, in senso sportivo s’intende, perché ha in testa una sola cosa: vincere. E questo è un segnale da non sottovalutare: sarà una Roma che non si arrende mai, che non ammetterà mai di essere più debole e romperà le scatole a tutti. Per batterla, bisognerà fare un’impresa lasciando pure qualche ossa rotte.

Non più solo bel gioco, l'Atalanta ora guarda anche al risultato

E poi l’Atalanta. Perché quella vista a Torino è un’altra Atalanta. Ha dentro di sé la lezione del "Gasp" imparata a memoria in tutti questi anni, il suo dominio sulle fasce e le sue corse che spaccano le partite, gli uno contro uno a tutto campo e la sua aggressività di fondo, ma è la testa che è cambiata, e si vede. Contro i generosi granata di Juric, è parsa una squadra che non pensava solo a divertirsi e divertire come ha sempre fatto, quasi che avesse in mente soprattutto un’altra cosa, una stella polare nuova: il risultato. I nerazzurri di Bergamo non hanno corso per novanta minuti come matti, ma hanno rifiatato in molte fasi della partita cercando così di risparmiare energie, chiudendosi quando dovevano farlo. Se l’Inter ha sorpreso tutti per la facilità di gioco espressa, la Roma e l’Atalanta hanno fatto capire a chiare lettere che vogliono arrivare lontano e che si stanno attrezzando mentalmente per questo. Che non faranno proclami, ma ci sono anche loro.

La Juve si fa rimontare due gol da una provinciale 

La Juve merita un discorso a parte. Al netto di un buon primo tempo e degli errori di Szczesny, dei pali presi e di tutto il resto, non si può cancellare l’immagine di una squadra che comunque si fa rimontare due gol da una provinciale. Non c’era Locatelli, quindi era la stessa Juventus dell’anno scorso. Ma Locatelli non può da solo cambiare questa squadra e non può riuscirci nemmeno Allegri. Come la Juve dei nove scudetti aveva Buffon che parava tutto, questa ha Szczesny, e così è. Come quelle avevano Pirlo, Pogba, Marchisio, Khedira e pure Matuidi, questa ha un centrocampo debolissimo e Ronaldo separato in casa. Quasi tutti, nelle previsioni pre campionato e nelle griglie scudetto, l’hanno data favorita. Può darsi che ci sbagliamo, ma a noi sembra sinceramente impossibile e la riteniamo persino fuori dalle quattro di Champions, come nella logica dei fatti avrebbe dovuto avvenire già nella stagione appena finita. E tanto per cominciare, ha ripreso la stessa strada percorsa da Pirlo, perdendo punti con una provinciale. Perché basta non avere paura, come aveva fatto l’Udinese all’inizio, e aggredire con il coltello fra i denti, proprio come fanno le provinciali, il suo inguardabile centrocampo, per metterla in difficoltà. Allegri non ha nessuna colpa. E, anzi, se riuscirà a entrare nelle prime quattro avrà fatto più del suo.
Il resto della giornata conferma altre previsioni. Il Cagliari, con Nandez - ma resterà? - ha faticato a pareggiare con lo Spezia in casa. E la Fiorentina e il Torino giocano bene, solo che con gli uomini che hanno più di così non possono fare. Manca una settimana di mercato, ma cambierà poco. Non c’è più trippa per gatti, signori miei.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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