Il ritorno della F1 a Baku. La rivoluzione Mercedes e la crisi Ferrari
Max Verstappen e la RedBull sono avanti a tutti, ma la Mercedes ha approfittato del mese di stop per rivoluzionare la macchina, mentre a Maranello solo ritocchi

Dove eravamo rimasti? Ci siamo lasciati con un campionato del mondo appena cominciato e già quasi finito. Ma in F1 un mese di stop è un bel po’ di tempo per fare qualcosa e cambiare i destini. Max Verstappen e la RedBull sono messi così bene davanti a tutti che avrebbero potuto passarlo tranquillamente sdraiati al sole su un lettino in riva al mare. Il problema è che la Mercedes ne ha approfittato per rivoluzionare la macchina, una versione B della monoposto, con pance più simili a quelle della RedBull, nuove parti meccaniche, un nuovo retrotreno e nuove sospensioni, che hanno riempito di speranze e entusiasmo Russell. E anche se James Allison butta acqua sul fuoco, «i risultati li vedremo solo da Imola» dice, a Barkley sono sicuri di essere tornati ai tempi d’oro. E mica solo a Barkley. Perché anche a casa dei rivali, a Milton Keynes, qualche timore cominciano ad averlo. E la Ferrari? Beh, alla Ferrari parlano, parlano tantissimo. Qualcosa hanno fatto anche a Maranello, restando fedeli al progetto della Sf-23, convinti come sono che sia una gran macchina. Solo ritocchi, allora. Poi chiacchiere e distintivo. Si è lavorato sull’assetto meccanico delle sospensioni, al fine di regolare diversamente le altezze da terra e le rigidezze di molle e ammortizzatori, aggiungendo altri piccoli interventi per spostare il bilanciamento aerodinamico della Sf-23 verso il posteriore alla ricerca di maggiore stabilità.
Ferrari, mancano le competenze per ripartire da zero
Frederic Vasseur ha illustrato in conferenza obiettivi e programmi: «Faremo degli aggiustamenti al bilanciamento aerodinamico che era decisamente migliore in Australia e continueremo in questa direzione. Non sarà una macchina B, gli sviluppi non saranno qualcosa di radicalmente diverso». Visti i risultati ottenuti fino adesso, qualcuno potrebbe anche avere dei dubbi sulla bontà di queste scelte. La realtà è che oggi mancano le competenze per ripartire da zero su un concetto sviluppato invece da oltre un anno dai rivali. E’ un percorso obbligato, allora, sperando che vada bene. Se no, ci si mette a inseguire gli altri con un anno in più di un ritardo, che non è una prospettiva proprio entusiasmante. E’ lo stesso Vasseur ad ammetterlo: «Porteremo degli aggiornamenti durante la stagione e valuteremo a quel punto se continuare a evolvere questo concetto o se invece dobbiamo cambiare drasticamente per l’anno prossimo».
Il licenziamento di Binotto
Auguri. Più passa il tempo e più cresce il sospetto che a casa del Cavallino gli errori si accumulino anziché venir corretti. Ha ragione l’ingegnere Joan Villadelprat, un passato a Maranello, oltre che in McLaren e Tyrrell, quando ha twittato che «la Ferrari è tornata alle stupidaggini licenziando Binotto». Che poi a onor del vero non è stato l’unico a pensarlo, particolare non molto consolante. Certo è che errori di questo tipo, la scuderia modenese li ha già commessi altre volte e li ha sempre pagati molto cari, come quando destituì Aldo Costa da direttore tecnico per vederlo poi accasarsi alla Mercedes, dove secondo Toto Wolff è diventato l’unico insostituibile del suo organigramma tecnico. Al di là di tutto, l’impressione che negli ultimi tempi continua a lasciare la Ferrari è sempre la stessa, nelle parole e nei fatti, un senso di inadeguatezza deprimente. L’amministratore delegato Benedetto Vigna che presenta la SF-23 come la Ferrari «più veloce di sempre», mentre fino adesso potrebbe sembrare la più lenta di tutte. Vasseur che parla un po’ a vanvera di progressi e obiettivi, stupendo persino Helmut Marko, il consigliere della RedBull, spaventato abbastanza dalla Mercedes «che a Baku si presenterà con una serie di miglioramenti» e per niente dalla Ferrari: «Non capisco come Vasseur veda tutto sotto una luce positiva».
Charles Leclerc in uscita?
La verità è che un bel tacere non fu mai scritto, non tanto per citare Dante, ma proprio perché è vero. Elkann ha garantito rinforzi e rivoluzioni per migliorare il reparto sportivo, e così sui giornali sono partiti gli spifferi e hanno cominciato a parlare di due o quattro arrivi di tecnici dalla RedBull. Già, ma un conto è se prendi Adrian Newey, un vero genio che fa la differenza, un altro se irrobustisci di qualche ingegnere una struttura che alla fine più o meno rimane quella che è. Due anni fa la RedBull per salire in cima alla F1 ha fatto razzia dalla Mercedes, portando via decine e decine di ingegneri, non due o quattro. E alla Ferrari più che grandi nomi in arrivo potrebbe far più male qualcuno in uscita. Come Charles Leclerc, il principino, l’unico talento della Casa in questi tempi molto mediocri. Lo sanno persino i muri che ha rifiutato il rinnovo che gli avevano proposto a Maranello e che sta parlando con la Mercedes per prendere il posto di Lewis Hamilton. E ha un bel infuriarsi Lapo Elkann a smentire. Persino Marko, sempre lui, ha svelato una clausola d’uscita nel contratto di Charles. E poi se non è quest’anno sarà il prossimo, quando scade. Se avevano pensato che bastasse far fuori Binotto, che aveva un pessimo rapporto con Leclerc, per trattenerlo, hanno sbagliato i calcoli. Siamo sinceri. Da anni si ritrova a competere con un mezzo ogni volta inferiore alle aspettative e all’interno di un team il cui livello è molto basso. Se volessero davvero tenere uno come lui, con il suo talento, dovrebbero rivoluzionare la squadra, ricostruire tutto, scegliere i migliori, ritornare agli anni di Ross Brawn e Jean Todt. Un’altra era geologica, si facevano i fatti e si voleva vincere. Adesso van di moda le parole. Chiacchiere e distintivo.