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Max il cannibale. Terzo mondiale e un grande futuro davanti

Max l’insaziabile, il fuoriclasse, ha dominato tutta la stagione, ha vinto una gara dopo l’altra, ha aggiunto il calcolo all’irruenza, non ha mai sbagliato niente e ha umiliato il compagno di squadra Sergi Perez

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Foto Ansa
Foto Ansa

La prima gara che vede il successo di Oscar Piastri, la Sprint del Qatar, passa alla storia per quello che vince il secondo arrivato. Max Verstappen prende solo la medaglia d’argento, ma gli basta per chiudere già adesso con largo anticipo il Mondiale di F1, con il suo terzo titolo consecutivo. Un trionfo più che meritato, mai in discussione. Max l’insaziabile, Max il fuoriclasse, ha dominato tutta la stagione, ha vinto una gara dopo l’altra, ha aggiunto il calcolo all’irruenza, non ha mai sbagliato niente e ha umiliato il compagno di squadra Sergi Perez, che all’inizio sembrava l’unico a potergli tenere il passo. Nel celebrare la sua vittoria, sono in molti a suggerire paragoni azzardati e a consacrarlo già sul trono più alto dell’Olimpo. Se è davvero il più forte di sempre lo potremo dire alla fine della sua carriera, però è sulla strada giusta. Aiutato da una macchina eccezionale, messa in pista da quel genio di Newey, ha portato a termine una stagione forse irripetibile. E’ lui stesso ad ammetterlo, alla fine della gara, che molto merito di questa vittoria va alla squadra di tecnici e meccanici: «Sono fiero del lavoro che ha svolto il team, davvero bello fare parte di questo gruppo di persone. Noi continueremo a spingere, perché é quello che sappiamo fare». Nella Sprint si è dovuto accontentare del secondo posto dietro a Oscar Piastri («Ho cercato di andarlo a prendere, alla fine, ma era troppo tardi»), ed è bastato questo per non vedergli il sorriso a trentadue denti. Max l’incontentabile. Ha ventisei anni e un grande futuro davanti.

Perché non è che sia passato tanto tempo da quando ha esordito in Formula Uno su una Toro Rossa, nel 2015, otto anni che sono volati come volano gli anni che viviamo alla velocità di questi bolidi. Che la sua carriera fosse quella di un predestinato non c’era voluto molto a capirlo, visto che nelle prime due gare di quella stagione il pilota olandese/belga (una volta disse «mi sento più olandese» e un’altra «sono mezzo e mezzo», olandese come il padre e belga come la madre) fece cadere subito due record di precocità, risultando il più giovane pilota di sempre a esordire in F1 durante il Gran Premio d’Australia e il più giovane a far segnare punti nel successivo Gran Premio della Malesia. Siccome la storia qualche segnale lo anticipa sempre, in quell’anno, a Singapore, parte dal fondo, costretto in pit lane a ravviare il motore, e recupera un mucchio di posizioni fino ad arrivare ottavo, davanti al compagno di squadra Sainz jr. (guarda il destino), dopo aver disobbedito a un ordine di scuderia che lo invitava a lasciargli la strada. C’era in quella gara tutto Verstappen, un pilota velocissimo e aggressivo, ma soprattutto un combattente che non ascolta nessuno e che è meglio non pestargli i piedi. Nel 2016 passa alla Red Bull e qui comincia la sua corsa verso l’Olimpo. All’inizio è così irruento che quel che colpisce di più è la sua impazienza, che gli procura anche alcuni incidenti storici come quello di Montecarlo, destinati a restare negli archivi della Formula Uno. Però è proprio quella grinta che lo spinge a combattere ad armi pari contro il più quotato e esperto, fino a quel momento invincibile Lewis Hamilton, e a batterlo nell’ultimo contestatissimo Gran Premio per aggiudicarsi il suo Primo Mondiale a soli 24 anni. A papà Jos, una vita nei motori e pilota di alterne fortune, gliel’aveva detto che era ancora un bambino: «Papà, da grande guiderò una macchina di F1».

Conoscendo il tipo, voleva dire che avrebbe vinto i mondiali di F1, perché lui non era tipo da fare una cosa senza pensare di vincere. A 8 anni è già un campione dei Kart e da lìm scala rapidamente tutte le categorie. Carlo Vanzini, il telecronista di Sky, lo battezza già il Maradona della pista, quando ancora deve cominciare a vincere. Adesso che vince tutto, invece, si rammarica perché alla gara Sprint del »»Qatar è arrivato solo secondo: «Io cerco sempre di vincere, però abbiamo avuto un po’ di sfortuna e comunque vincere il campionato mi rende molto felice». Meno male. E’ la miglior macchina che hai mai guidato?, gli chiedono. «Sì», risponde. Ed è l’unico sorriso che fa.

A rendergli l’ultimo omaggio è alla fine proprio Sergio Perez, il compagno di squadra più sconfitto degli sconfitti: «Penso che il suo talento sia davvero elevato e la stagione che sta facendo è senz’altro una delle migliori della storia di questo sport. Il livello che ha raggiunto io non l‘ho mai visto in nessuno».

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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