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Salvate il soldato Charles. Perché non richiamare Montezemolo?

Leclerc è stato chiarissimo a fine gara: «Non c’è il passo, facevo fatica a guidare, è difficile, una situazione incredibile. Dobbiamo capire cosa c’è che non va e fare qualcosa, perché così non si può andare avanti»

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Charles Leclerc, pilota della Ferrari
Charles Leclerc, pilota della Ferrari

Anche sui saliscendi del Mugello, per festeggiare la gara numero mille della Ferrari, la Mercedes fa doppietta e Lewis Hamilton fa il record di 90 vittorie in carriera, in un alternarsi incessante di incidenti, safety car e ritiri. Secondo è Vallteri Bottas e sul podio manca Verstappen uscito subito al primo giro per un incidente. Lo sostituisce il compagno di squadra Albon. Dopo le sorprese di Monza, la F1 ritorna alla normalità scontata del dominio tedesco. Sai che noia così. Anche la Ferrari ha festeggiato, onorando il suo primato storico della gara numero mille, e non poteva essere altrimenti: non è arrivata ultima. Ottavo Leclerc e decimo Vettel, che è un risultato eccezionale con i rottami che si ritrovano. Fa male vedere tutte le volte le rosse conciate così. Vanno tutti più forte, e lo si è visto bene negli ultimi giri dopo l’ennesima safety car.

Charles Leclerc è stato chiarissimo a fine gara: «Non c’è il passo, facevo fatica a guidare, è difficile, una situazione incredibile. Dobbiamo capire cosa c’è che non va e fare qualcosa, perché così non si può andare avanti». Che non va c’è che una macchina così bisognerebbe buttarla via e magari anche quelli che l’hanno fatta. Charles aveva già fatto il suo piccolo miracolo piazzandosi al quinto posto sulla linea di partenza dopo le qualifiche, anche se era stato aiutato dalla bandiera gialla che nell’ultima fase della Q3 aveva impedito agli avversari di migliorare i loro tempi. Poi, in gara, ha fatto una splendida partenza, infilandosi subito dietro Bottas e Hamilton. Fosse dipeso solo da Charles, lui avrebbe fatto il suo per finire sul podio. Ma purtroppo doveva anche guidare questa macchina, che è quello che è: una carriola. Uno a uno l’hanno passato tutti, con facilità irrisoria, correndo nei rettilinei addirittura a trenta chilometri orari più veloci. E’ il pilota che ha subito più sorpassi di tutti.

E’ vero che per rimettere a posto la Ferrari e cancellare persino dalla memoria l’incredibile rottame della SF1000 messo in pista a distruggerne inesorabilmente l’immagine e la storia, bisognerebbe rifare completamente la squadra. Ma in questi casi si ricomincia sempre da un uomo: tutto il resto molte volte viene di conseguenza. Quando Maranello tornò a vincere con Schumacher, era da 21 anni che non si aggiudicava un mondiale, un’eternità. E la chiave di tutto fu Jean Todt, chiamato da Montezemolo sulla tolda del Cavallino come direttore della Scuderia dopo i successi in serie mietuti con la Peugeot dal 1985 fino alla tripletta del 1992 alla 24 ore di Le Mans. Fu Jean Todt a creare la squadra vincente reclutando Rory Birne, aerodinamico, e Ross Brawn, direttore tecnico al posto di John Barnard, subito dopo aver portato alla guida delle rosse il miglior pilota dell’epoca, Michael Schumacher. Oggi, un grande pilota la Ferrari ce l’ha già e sarebbe un peccato mortale sprecare il suo talento: Charles Leclerc.

Gli manca tutto il resto, però, e si è visto cosa succede quando non si ha una squadra di tecnici all’altezza. Abbiamo sempre detto - e lo ripetiamo ancora - che Mattia Binotto è un grandissimo ingegnere motoristico, forse tra i migliori in circolazione, e se solo la Ferrari lo lasciasse andare, Mercedes e gli altri si precipiterebbero a capo fitto su di lui. Sarebbe senza dubbio una grave perdita. Il problema è, secondo noi, che non è l’uomo giusto al posto giusto, penalizzato oltretutto dall’organizzazione orizzontale voluta da Marchionne, con diversi tecnici responsabili in reparti diversi, indipendenti nelle decisioni da prendere. Questo sistema, voluto per risparmiare, ha finito per creare solo guai e incomprensioni.

In verità, prima che cominciasse questa parabola discendente, l’uomo giusto Maranello ce l’aveva, ed era James Allison, laureato in ingegneria aerospaziale, tecnico di grande esperienza, cresciuto alla Ferrari con Ross Brawn, nominato direttore tecnico da Montezemolo nel 2013, ma che qualcuno poi trattò come un padrone delle ferriere costringendolo ad andarsene. Ne approfittò subito la Mercedes, dove, da direttore tecnico, l’ingegnere di Lincolnshire creò la squadra imbattibile di questi giorni, raccogliendo altri tecnici di valore allontanati inspiegabilmente dal Cavallino, come Lorenzo Sassi, motorista, e Giacomo Tortora, specialista in dinamica del veicolo.

In pratica, Maranello non ha solo perso pezzi, ma li ha regalati alla concorrenza. Ora, per invertire la tendenza, qualcosa bisogna fare, in un modo o nell’altro. Continuare a stare fermi significa solo mantenere le distanze, che sono tutte a vantaggio della concorrenza, nonostante alla guida della Rossa ci sia uno dei piloti più forti del circuito, e sicuramente il più forte fra i giovani. Ma per la serie #salvateilsoldatoCharles perché non richiamare a questo punto Montezemolo? Lo sappiamo che è una ipotesi quasi irrealizzabile, e non solo perché l’ex presidente ha ormai fatto il suo tempo, e perché, in fondo, pure lui non è esente da colpe, visto che alla resa dei conti accettò la motorizzazione ibrida decisa dalla Fia, una tecnologia di cui il gruppo Fiat non aveva l’esperienza necessaria per competere con le Mercedes.

L’inizio della fine fu senza dubbio quello. Però come ha detto Giancarlo Minardi, dalle cui costole è discesa l’Alpha Tauri, «in Ferrari, dal Drake in poi, c’è sempre stato un leader carismatico. Lo era Marchionne e prima di lui lo era Montezemolo». Ci auguriamo tutti che lo sia Elkann. Ma un ritorno pro tempore di Montezemolo avrebbe persino un valore scaramantico, pensando al detto secondo il quale non c’è il due senza il tre: era lui il direttore tecnico quando la Ferrari tornò a vincere dopo 12 anni di crisi, con Niki Lauda. Ed era il presidente delle Rosse che con Schumacher spezzarono un buio lungo 21 anni. Montezemolo, magari, potrebbe essere l’unico in grado di far tornare James Allison a Maranello. E’ una provocazione, ce ne rendiamo conto. Lo facciamo per sognare. Ma di questi tempi non possiamo fare altro.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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