La Ferrari sfortunata si ferma di colpo. L'effetto Singapore è già finito?
Delusione nel GP di Russia che ha visto trionfare le due Mercedes
Quest’anno gira così. Anche quando la Ferrari sembra più forte, succede sempre qualcosa che fa saltare in aria tutto. Naturalmente una spinta al destino cinico e baro ce la danno pure Hamilton e la Mercedes, che è già forte di suo e non ha nemmeno sbagliato una mossa, è vero, ma solo dopo il colpo di fortuna con la Safety Car che ha letteralmente ribaltato la corsa: le frecce d’argento ne hanno approfittato per fare il pit stop e rientrare in testa. Resta la sensazione, e qualcosa di più, che se non si fosse fermato Vettel, la gara avrebbe vissuto ben altro finale e non quello bloccato, con Hamilton libero di andarsene e Bottas impegnato a far da tappo a Leclerc e salvare il suo secondo posto.
E’ lo stesso campione del mondo ad ammettere che in Russia, sul circuito di Sochi, le più forti non erano proprio le Mercedes: «Il segreto è che non abbiamo mollato mai, tenere il loro passo è stato un compito estremamente difficile. Ma alla fine quando si è presentata l’occasione la macchina è stata perfetta». Il risultato è che appena una settimana dopo la prima doppietta Ferrari e tutte le odi cantate al cielo, gli uomini di Stoccarda si sono ripresi quello che si tengono stretto dall’inizio della stagione, il primo e il secondo posto. Leclerc è terzo, molto deluso e un po’ arrabbiato. Solo che nella vita uno può fare tutti i calcoli che vuole, ma alla fine può capitare che decida il cielo come gli pare.
Per il massimo dello scorno, poi, la Safety Car che ha deciso la gara se l’è procurata da sola la Ferrari, con la morte improvvisa della vettura di Sebastian Vettel: problema alla parte ibrida del motore, e addio sogni di gloria. («Non so esattamente cosa è successo, per essere onesto», diceva Seb. «So che dai box gli ingegneri mi hanno ordinato di fermarmi»). Perché alla fine come si vede non è soltanto sfortuna: la Ferrari per una volta è tornata all’inizio di stagione, quando la macchina per un motivo o per l’altro stentava sempre ad arrivare in fondo. Il bello è che la SF90 sembrava ormai destinata a vita nuova, dopo la presa di Singapore, come spiegava Mattia Binotto, ai margini delle qualifiche di Sochi: «Abbiamo migliorato il verticale. E bilanciato meglio anteriore e posteriore e di conseguenza è più facile guidare la vettura. Avendo più carico, si scivola meno e anche le gomme si consumano meno. Confrontando la differenza di prestazioni tra rettilinei e curve, perdiamo sempre meno in queste ultime, che era il nostro tallone d’Achille. La macchina è cresciuta molto».
Non erano solo parole. Le modifiche al muso sono evidenti e sono servite a compensare l’aumento di carico, creato dall’utilizzo del fondo scalinato e da un diffusore montato in Francia, che tanti problemi aveva dato alle Rosse. Ora persino a occhio nudo si vede la differenza: la SF90 appare più stabile anche rispetto alle avversarie, che hanno mostrato una tendenza maggiore a perdere il posteriore. E la bontà del nuovo pacchetto installato a Singapore aveva regalato benefici anche su una pista completamente diversa come quella di Sochi. La pole per distacco conquistata da Leclerc era lì a dimostrarlo.
Poi arriva la gara, le due Ferrari scattano in testa, Seb sorpassa di slancio Leclerc e i due galletti stanno già a beccarsi su chi deve vincere la gara, come se fosse scontato che per gli altri oggi non ce n’è. E all’improvviso si ferma Vettel. E’ solo destino? Magari no. E’ lo stesso Binotto ad ammetterlo: «Oggi l’abbiamo lasciata lì, per vincere bisogna essere perfetti e non lo siamo stati. Ci sarà un’altra gara sulla quale rifarci. Oggi abbiamo sbaglito. Per vinecere biosogna essere affidabili, non lo siamo stati quest’anno, non lo siamo stati oggi. Questo è un problema serio, su cui dobbiamo intervenire velocemente e bene». Il resto sono quisquilie: «Avevamo chiesto a Charles di concedere la scia a Seb alla partenza. Lui aveva un bellissimo ritmo ed è andato via, non ha rallentato Leclerc». Il secondo pit stop di Leclerc? «Certo. Se non cambiava finiva secondo. Ma lui è uno che non si accontenta, che punta sempre al massimo e vuole vincere. Fra secondo e terzo posto abbiamo deciso di puntare più in alto». Poi è andata così. Mettete il destino e tutto il resto. Ma adesso che succede? Siamo tornati alla piccola, inguardabile Ferrari di inizio stagione, o a quella sorprendente di Singapore? Binotto ha una sola certezza: «Dopo oggi siamo ancora più agguerriti». Stiamo a vedere.