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Salvate il soldato Binotto. La Ferrari non deve fare come la Juve

Dopo l’ennesimo, grave errore del muretto all’Hungaroring, e l’inevitabile, amara sconfitta, è partita la caccia al team principal del Cavallino. Ma non bisogna buttare a mare quello che di molto buono è stato fatto

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Il principal della Ferrari Mattia Binotto (Ansa)
Il principal della Ferrari Mattia Binotto (Ansa)

Cerchiamo di salvare il soldato Binotto. Per il bene della Ferrari. Dopo l’ennesimo, grave errore del muretto all’Hungaroring, e l’inevitabile, amara sconfitta, è partita la caccia al team principal del Cavallino da parte dei soliti odiatori da tastiera, con il sostegno questa volta anche di qualche addetto ai lavori - purtroppo -. Niente di più sbagliato. Non che Binotto sia del tutto esente da colpe, solo che i meriti sono di gran lunga maggiori, e di questo bisognerebbe tenerne conto. Maranello deve assolutamente evitare di fare la stessa fine della Juve, di annegare nella stessa inconcludente confusione, buttando a mare quello che di molto buono è stato fatto. Non è un paragone così campato in aria.

La proprietà è la stessa

Innanzitutto, la proprietà è la stessa, un particolare non irrilevante. E poi, volendo forzare l’esempio, Binotto è come Paratici, diventato il capro espiatorio della crisi. Errori ne aveva commessi, il ds bianconero, così come Binotto. Ma li aveva commessi da quando lo avevano innalzato in un ruolo diverso da quello in cui era il più bravo di tutti. A fare il Marotta non è andato bene. Un po’ la stessa cosa di Binotto, che è un ottimo ingegnere e un mago del computer, e che come team principal si è assunto il compito ingrato di difendere a spada tratta e a ogni costo i suoi uomini.

I dubbi

E’ senz’altro vero che c’è una filiera di professionisti, promossi nell’era Marchionne che non sono tutti all’altezza: i dubbi su Ignacio Rueda, l’Head of Race Strategy, ad esempio, non sono solo frutto di fantasie persecutorie. Che qualcosa si deve cambiare nella scuderia del Cavallino, dopo tutti gli errori commessi quest’anno, è un fatto abbastanza certo. Ma quando si cambia, bisogna star molto attenti a non sbagliare di nuovo, facendo danni ancora più gravi. Come sembra sia in parte successo alla Juve. Alla Continassa avevano deciso che era finito il tempo di buttare i soldi a mare. Giusto, finalmente. Non c’è più trippa per gatti? Bene. Si fa come il Milan. Si investe tutto nello scouting, si prendono gli uomini migliori in questo campo, che fra l’altro costano molto, ma molto meno, di qualsiasi schiappa comprata inutilmente. Poi vai a cercare Leao, Tonali, Tomori, Kalulu, Adli o Theo Hernandez (preso a 20 milioni quando i prezzi erano alle stelle, nell’era pre Covid). La Juventus ha fatto l’opposto, mandando via uno dei più bravi in Europa a fare scouting, restando completamente monca: Arrivabene viene dalla F1, e Cherubini ha mai fatto scouting in vita sua. I risultati si vedono: Kean (che Paratici aveva fatto fuori) al posto di Ronaldo, giovani come Ihattaren, che qualsiasi addetto ai lavori avrebbe sconsigliato al volo visti i suoi precedenti, o doppioni inutili come Zakaria. In queste condizioni, anche l’usato sicuro di Allegri non serve più a molto. E poi, errore su errore, non avendo idee, ci si affida a quelle del mister e si fa incetta di prepensionati ultratrentenni o giù di lì.

Incompetenza da evitare

Ecco, è questa incompetenza, questa faciloneria, che preoccupa e che si deve evitare a Maranello. La Ferrari ha fatto un mezzo miracolo con la F1-75, considerando soprattutto da dov’era partita, cioè da zero. C’è stato qualche problema di affidabilità, è vero: ma all’affidabilità si può porre rimedio, a una macchina carriola no, e l’abbiamo visto nei due anni precedenti. Il Cavallino è riuscito a mettere in pista la vettura migliore di questa stagione, e alzi la mano chi poteva anche solo immaginarsi una cosa del genere. Il principale artefice di questo piccolo capolavoro è Mattia Binotto, uno al quale la Mercedes aveva fatto ponti d’oro per portarlo via già ai tempi di Arrivabene. Cacciarlo adesso non significherebbe solo interrompere un percorso virtuoso. Vorrebbe dire anche rinunciare a delle conoscenze importanti, e alla Ferrari non possono proprio permetterselo. Anche Leclerc ha commesso degli errori, ma speriamo non ci sia nessuno di così suicida che osi pensare di fare a meno del principino. Lo stesso discorso vale per Binotto. E se qualcosa va cambiato - e dev’essere cambiato -, bisogna avere delle idee giuste, cercare senza paura gli uomini migliori. O le donne. Come la mammina della Red Bull, Hanna Schmitz, che bagna il naso tutte le volte a Inaki Rueda e non è nemmeno la responsabile delle strategie.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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