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Fino a quando durerà la mediocrità di questa Ferrari? Ecco perché ha detto no a Newey

Il tean principal Vasseur temeva che l’ingresso di Newey a Maranello avrebbe dimezzato il suo potere. E si è messo di traverso

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
L'ingegnere britannico Adrian Newey (Ansa)
L'ingegnere britannico Adrian Newey (Ansa)

Alla fine è andata come doveva andare. La notizia ormai di dominio pubblico, nonostante i depistaggi e le storie inventate a uso e consumo di casa Maranello, è che la Ferrari ha deciso di rinunciare ad Adrien Newey, detto il Genio, il tecnico più vincente della Formula 1, e ha deciso di farlo quando l’aveva già praticamente preso. Il modo in cui si è arrivati a tutto questo finisce per rappresentare la fotografia, l’immagine perfetta della mediocrità di una dirigenza, mai di così basso livello in tutta la storia gloriosa del Cavallino, che pensa solo a difendere a denti stretti il proprio potere. Non importa vincere. Quello che conta è che loro continuino a comandare. Adesso qualche loro amico ci racconterà che non si può avere tutto nella vita, che è normale rinunciare a qualcuno se i costi sono troppo elevati, o addirittura che il nostro caro Freddie, "Mister Passo Avanti", sta per portare a Maranello gli ingegneri più bravi della F1. Tutte palle.

Tanto per cominciare, il più bravo è stato rifiutato e Enrico Cardile ha deciso di andarsene, acuendo la evidente crisi tecnica della Rossa. Newey era stato agganciato da Piero Ferrari, un anno fa, in uno di quei raduni delle Rosse che hanno fatto la gloria di Maranello. I due si conoscono da tempo, ma in quella occasione il Presidente era riuscito ad avviare un discorso con Adrian, uno che da solo in tutte le squadre dove è stato ha vinto tanti Gran Premi quasi quanto la Ferrari (215 contro 243), trovando finalmente una porta aperta. Nuovo incontro a Monza, e la trattativa comincia a chiudersi. Newey ormai ha dato la preferenza alla Ferrari, escludendo gli altri corteggiatori, McLaren, Mercedes e soprattutto Aston Martin, che è disposta a tutto pur di averlo e gli ha proposto il contratto più remunerativo. Il 5 maggio di quest’anno a Miami, i due trovano l’accordo. La parte economica non è un problema, al Genio va bene quello che gli offre la Ferrari. Il presidente durante la trattativa aveva invitato Newey a fargli avere una relazione con le sue richieste. E qui sta il problema. Mister Adrian avrebbe voluto ottenere l’assenso vincolante, e quindi anche il diritto di veto, sull’assunzione di nuovi ingegneri e l’attribuzione dei ruoli, passo necessario per mettere fine alla mediocrità che sta affondando Maranello da quando sono usciti di scena Schumacher e Jean Todt.

A questo punto, Vasseur teme - anche giustamente, dal suo punto di vista - che l’ingresso di Newey a Maranello dimezzi il suo potere. E si mette di traverso. Vasseur non è solo il tean principal della Ferrari. E’ l’uomo che gode del totale appoggio di Stellantis e di Tavares. In pratica: se lui dice di no, è no. E Vasseur ha detto di no. Prima ha sparso dichiarazioni vaghe sull’importanza del gruppo, avvallate da John Elkann, e poi fatte uscire le palle sulle venti assunzioni che avrebbero minacciato i conti di Maranello. Nessun problema per Newey: approda all’Aston Martin, in Inghilterra, nella sua comfort zone, con un contratto pure più ricco di quello che gli aveva offerto la Ferrari.

Quanto ci rimette la Rossa? Tantissimo. Si tiene Vasseur, uno che fino adesso ha fatto peggio, ma molto peggio, di Binotto, liquidato da Benedetto Vigna perchè la Ferrari non può accontentarsi del secondo posto. Meglio quarti come adesso? Il nostro caro Freddie, è anche uno che qualche sconsiderato ha avuto l’ardire e l’assurdità di paragonare a Todt. In realtà, Jean Todt, che noi abbiamo conosciuto ai tempi della Ferrari, è un uomo molto duro, nato con il timbro del vincente. Basta guardare il curriculum del nostro caro Freddie per capire la sostanziale differenza che li divide irrimediabilmente. E forse Vasseur farebbe bene - lui, e qualcun’altro come lui - a rileggersi un po' la storia della Ferrari anche di quegli anni, quando Gianni Agnelli e Luca di Montezemolo consegnarono le chiavi del team a Todt e Schumacher. Per risollevarsi c’era una sola strada da percorrere. Scegliere i migliori. E arrivarono Ross Brawn, Rory Birne e Nigel Stepney. I migliori in assoluto, appunto. Così cominciò l’epoca vincente della Rossa. Se fosse vera questa ricostruzione, invece, oggi il nostro caro Freddie avrebbe bocciato il più bravo di tutti per proteggere solo il proprio potere. Condannando la Ferrari alla mediocrità della sua dirigenza per tutti i prossimi anni a venire.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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