Il trionfo del ragazzo terribile di Montecarlo. La Ferrari può vincere ma scordiamoci di dominare

Finalmente. Il predestinato Charles Leclerc ha consegnato alla Ferrari la sua prima, sofferta vittoria della stagione, con un ultimo giro in apnea per resistere all’arrembante rimonta di Hamilton. E’ la prima vittoria in Formula 1 del ragazzo terribile di Montecarlo, che è anche il più giovane pilota della storia a vincere con la Ferrari e il più giovane pure a vincere su questa pista di Spa, in Belgio. Ma le odi sperticate e le apologie di rito non dovrebbero far troppo dimenticare la faticosa sofferenza che ha accompagnato e sospinto Leclerc negli ultimi giri, rabbiosamente braccato dal campione del mondo che stava già pregustando la replica del Bahrein. E’ un copione al quale Maranello ci ha abituato dall’inizio della stagione, e anche se tutti adesso sono in brodo di giuggiole per raccontare questo trionfo, forse sarebbe giusto non trascurare completamente questo problema. Anche perché questa pista era perfetta per la Ferrari e sfavoriva molto le Mercedes: eppure alla fine sono arrivati attaccati a Leclerc, e Vettel ha dovuto accontentarsi della quarta posizione.
Non solo Leclerc
Certo, restano le prestazioni superlative dei due piloti della Rossa. Non solo Leclerc, - bravissimo finché le gomme non si sono usurate e la macchina ha tenuto -, che ha dedicato la vittoria ad Anthoine Hulbert («eravamo una banda di amici che avevamo cominciato insieme, è molto difficile oggi per me godermi tanto questa vittoria»). Ma anche Sebastian Vettel, che è stato davvero decisivo, come ha ammesso lo stesso pilota monegasco, riuscendo a tenere dietro per lunghi giri le Mercedes, facendo partire la rimonta di Hamilton da un distacco di cinque secondi: se non l’avesse fatto, Leclerc non sarebbe riuscito a tenere quei centesimi di secondo che gli hanno consentito di passare in testa la linea del traguardo. Seb l’ha poi confessato, alla fine, con il muso un po’ lungo, mica troppo entusiasta: «Con le gomme che avevo non potevo fare di più, non avevo il passo, non mi sentivo a mio agio in macchina e allora ho capito subito che non ero in grado di gestire la vettura. Da quel momento in avanti sono rimasto in pista solo per aiutare il team. E credo di esserci riuscito». Persino Leclerc ha preferito evitare qualsiasi panegirico, finendo per riconoscere limiti e problemi: «E’ stata una gara molto difficile, abbiamo faticato troppo con le gomme soprattutto alla fine. Questa volta l’esperienza di Budapest mi è servita e ho cercato di risparmiare quel tanto che mi è servito per vincere». Per chiudere con Mattia Binotto, che invece sceglie di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Abbiamo sofferto, ma l’importante era portarla a casa. Sono contento per come è stata gestita. Charles è andato forte tutto il week end. Oggi è stato molto veloce, se l’è meritato tutto questo Gran Premio».
Non sono tutte rose
A leggere tra le righe, quindi, gli stessi protagonisti riconoscono che non sono tutte rose. La Ferrari, quest’anno ormai l’abbiamo imparato, è questa roba qua, una macchina incompiuta, una vettura priva di equilibrio, senza fondo, capace di essere quasi imprendibile sui rettilinei, fortissima negli sprint, ma molto più debole nelle curve dove manca il carico aerodinamico e soprattutto sulla distanza, come dimostrato le poche volte che si è trovata in testa a dominare la gara per poi afflosciarsi alla vista del traguardo, per un guasto, l’usura delle gomme, il motore, qualsiasi cosa che la rende impotente di fronte alla forza e alla velocità degli altri. E’ una macchina sbagliata, che prima la mettiamo in soffitta e la dimentichiamo e meglio è. Spa era una dei tre circuiti completamente favorevoli alla Ferrari, essendo una pista di Potenza, con lunghi rettilinei. Uno era il Bahrein e sappiamo come è andata. L’ultimo è Monza, a casa nostra. Possiamo vincere, come è successo qui in Belgio. Scordiamoci di dominare però. E poi arriva il finale di stagione, tutto sfavorevole, dove si rischiano tante brutte figure. E allora verrà il tempo dei processi.