"La salita è diventata troppo dura", Jorge Lorenzo ha deciso di ritirarsi
Anche se ha solo 32 anni, per il pilota spagnolo quella di Valencia sarà la sua ultima gara, proprio in questa città, dove vinse il motomondiale più polemico che ci ricordiamo
Ha detto che non ha più senso, Jorge Lorenzo, anche se ha solo 32 anni, un po’ commosso, trattenendo le lacrime, ma c’era tutta quella gente che l’applaudiva, tutti i suoi colleghi e i suoi rivali, tutti i piloti del paddock, lì, davanti a lui, e sembrava di stare in famiglia. Non ha più senso perché ha avuto troppi incidenti e la salita è diventata troppo dura. Perché lui non corre in moto per arrivare secondo. Si è seduto, ha sorriso, si è levato la felpa della Honda perchè faceva troppo caldo, e poi ha detto: «Ci sono cose importanti nella vita quando uno inizia correre nel Mondiale, quando vince la prima gara e il primo titolo. E anche quando annuncia il ritiro».
A Valencia l'ultima gara
Quella di Valencia sarà la sua ultima gara, proprio in questa città, dove vinse il motomondiale più polemico che ci ricordiamo, quello dominato da Valentino Rossi fino alle ultime due gare, a Sepang e qui, in terra di Spagna, a casa sua, quando si parlò di «biscotto spagnolo» e lui lo sorpassò in classifica. Erano compagni di squadra. Ma Jorge è un campione che non è mai andato d’accordo con i compagni di squadra. E qualche volta pure con i suoi dirigenti. Alla Ducati s’era beccato un mucchio di volte con Domenicali, che solleticato dai giornalisti aveva cercato di spegnere le polemiche: «Lui è un grande pilota», disse. E Jorge l’aveva subito corretto, con tono piccato: «io non sono un grande pilota. Io sono un campione».
Valentino: "Un grande"
Ieri gliel’hanno riconosciuto tutti. Valentino Rossi per primo. Ha detto che è stato un Grande che ha segnato la storia del motociclismo. Ma il tempo lava tutto. Il tempo e la lontananza. «Quando eravamo insieme ci odiavamo», ha confessato Jorge. Alla Yamaha costruirono persino un muro per dividerli. Allora lui diceva di Rossi che non era quel mostro che tutti credevano: «E’ più fortunato che veloce». E quell’anno, il 2015, litigarono dall’inizio. A Misano dettero un punto di penalità al Dottore perché gli aveva tagliato la strada. E poi si arrivò a Sepang, con Vale in testa al mondiale che alla vigilia accusò Marquez di fare gioco sporco in pista e di rallentarlo appena ne aveva l’occasione per favorire Lorenzo.
Il più giovane a correre nel motomondiale
In gara Marquez iniziò un’azione di disturbo con sorpassi e manovre al limite per innervosirlo. E ci riuscì benissimo. All’ennesimo contatto, Rossi allargò la gamba sinistra e Marc finì a terra. Con la penalità, a Valencia il Dottore fu condannato a partire dall’ultimo posto. fece una grande rimonta ma arrivò quarto. Vinse Lorenzo, che Marquez e Perdoso evitarono di attaccare per tutto il circuito. «E’ una vittoria dei piloti spagnoli», disse Jorge alla fine, cercando subito dopo di correggere il tiro perché quella era una confessione. Era un predestinato, Jorge, il più giovane pilota a correre nel motomondiale, a 15 anni appena compiuti, due titoli nella 250 e poi 3 nel MotoGP, ma quello del 2015 rimane l’ultimo, come per una rivalsa del destino, una punizione del dio dei centauri per averlo soffiato al pilota che resta ancora il più grande di tutti - Marquez permettendo -. Il fatto che lui ha finito per essere condannato dalla sua grandezza, dal doverlo dimostrare per forza a tutti i costi.
Marquez, il primo dei suoi rivali
Per questo, forse, il primo dei suoi rivali è sempre stato il compagno di squadra, pertché perdere da lui singificava non essere il più forte. Così, quando è arrivato alla Honda, nel 2019, per il Dream Team con Marquez, proprio il suo grande amico, dopo appena sei gran premi i due non si sono più sopportati. Marquez è primo a 115 punti. Lui quattordicesimo a 19. Hanno pesato gli incidenti, certo. Ma lui ha accusato la Honda di favorire il suo compagno, di fare tutto quello che diceva lui. E Marquez lo freddò di brutto: «Bisogna essere più forti, bisogna stare davanti se vuoi che ascoltano i tuoi consigli». Ma adesso al suo addio c’era anche Marquez che lo applaudiva. Perché poi alla fine è davvero una famiglia. E Jorge si confessa più per loro, che per i giornalisti, a spiegare che una botta dietro l’altra gli ha minato il corpo e la testa, ma che lui ha sempre cercato di riprendersi: «Ho iniziato a vedere la luce, ma poi ho avuto un brutto incidente al Montmelò, seguito da quello di Assen. Mentre stavo rotolando ho pensato: "Ne vale la pena continuare a soffrire dopo tutto ciò che hai ottenuto?".
"La salita è diventata troppo alta"
Però sono tornato a casa, e volevo ancora provarci. Solo che da quel momento la salita è diventata troppo alta, e non ho più trovato la motivazione e la pazienza per riuscire a scalarla. Mi sono reso conto che non era più posssbile vincere. Credo sia meglio che io mi ritiri, non possiamo lottare solo per finire la gara o per il podio». Non può lui, perché lui comne disse molto modestamente a Domenicali, non è un grande pilota. Lui è un campione: «Mi reputo un ragazzo molto fortunato. Sono riuscito a correre assieme a piloti incredibili che fanno parte della mia generazione e ottenere grandi risultati». Non dice però che ci ha litigato proprio con tutti. Perché non ne ha risparmiato nessuno, mica solo Valentino Rossi e Marquez. Con Dovizioso, alla Ducati, spargeva veleno con battuite ironiche, come quella volta che lo definì «un compagno esemplare...», per dire che forse non era proprio quello ideale che lui sognava, o molto più direttamente, tanto per ristabilire bene le gerarchie e mettere in chiaro che è più bravo e soprattutto chi lo è meno: «Dovizioso? E’ un campione del mondo della 125».
"Io e Rossi? Ci odiavamo"
Vuoi mettere con la 250 e la MotoGP? Il giorno del funerale di Marco Simoncelli, molti scoprirono che magari aveva litigato pure con lui, a leggere il messaggio che aveva lasciato sul libro delle firme: «Ti ricorderò sempre e perdonanmi di aver discusso con te». Il fatto è che Jorge Lorenzo è sempre stato questo, un caratterino niente male. Che deve essere molto diverso, però, fuori dalla competizione. «Io e Rossi? Ci odiavamo perché siamo tutt’e due competitivi», ha detto in un’intervista a Sky cercando di spiegare questa rivalità. «E’ normale. Ma ora ci stimiamo». Forse è così con tutti. Lui di sé dice che se dovesse descriversi in cinque parole si definirebbe «esigente (soprattutto con me stesso), autodidatta, onesto, costante e perfezionista». E spiega di essere «una persona che dice e che fa sempre quello che pensa e in cui crede, sia nelle cose buone sia in quelle cattive. Forse non sempre è stato un bene farmi vedere così sincero, ma è un aspetto importante della mia personalità e io non voglio apparire per quello che non sono». Che magari sarà pure vero, perchè ce ne saranno altri in questo circo delle due ruote che patiscono soprattutto il compagno di squadra che va più forte, ma che stanno zitti e fanno buon viso a cattivo gioco. Solo che a qualcuno possono anche sembrare più intelligenti. Forse. Più simpatici, di sicuro.