La strada è lunga, ma lassù, in cima al passo, la vista potrebbe aprirsi sulla sfida più importante mai giocata da due italiani in uno Slam. Maschile, chiaramente, perché la vetta raggiunta da Flavia Pennetta e Roberta Vinci a New York (che quest’anno spegne 10 candeline) è ancora inarrivabile. Più che una chimera, però, una semifinale azzurra a Melbourne è un’ipotesi plausibile. Più che un sogno, una solida possibilità.
Sinner forse non arriverà ai 16 successi di fila di Connors su Gerulaitis o ai 20 di Djokovic su Monfils, ma contro De Minaur siede comodamente sullo scranno del match-up più sbilanciato dell’ultimo quinquennio: 9-0 i confronti, 20 a 1 i set appannaggio dell’altoatesino. È anche grazie a questo incastro a senso unico che Jannik nel ’19 ha dominato le Next Gen Atp Finals, nel ’20 ha vinto il suo primo titolo ATP a Sofia, nel ’23 il suo primo Master 1000 in Canada, nel ’24 il 500 di Rotterdam e che negli ultimi due anni la squadra di Filippo Volandri ha vinto la Davis, partendo dal punto pressoché sicuro contro l’Australia.
Adesso che il 27enne di Sydney con genitori ispano-uruguayani si è finalmente affacciato ai quarti dello Slam di casa, l’adrenalina lo ha portato a spingersi con le dichiarazioni oltre la consueta prudenza: “Per la prima volta nel torneo gioco da sfavorito e scenderò in campo senza pressione. Ma voglio raggiungere risultati ancora migliori e so poterlo fare. Soprattutto, se non voglio che i risultati del passato si ripetano, devo fare qualcosa di diverso. E lo farò” ha detto The Demon, prima di scherzare sul l’imminente matrimonio e sul cospicuo assegno che si è assicurato per organizzarlo a puntino.
In realtà, più che la forma del top 10 Aussie sarà determinante la condizione di Jannik. Dei problemi fisici riscontrati contro Rune e della selva oscura che ha attraversato indenne negli ottavi, al numero 1 del mondo sono rimaste nuove risposte a nuove domande. “Adesso so a quali risorse posso attingere quando non sto bene”, ha spiegato Jannik. Il problema di ieri, oggi è superato – almeno parzialmente – ma ha comunque lasciato qualche ombra leggera sulla vigilia del quarto di finale degli Australian Open 2025.
Per questo, la rifinitura prevista per le 16 di oggi si è svolta sul campo 8 del National Tennis Centre. Indoor, per sfuggire alla calura, e nelle segrete della struttura che da una quindicina di anni è diventata il quartier generale di Tennis Australia. Lì, lontano dagli occhi dei tifosi e della maggior parte dei curiosi e di (quasi tutti i) giornalisti, il 23enne di Sesto Pusteria ha preparato il suo decimo quarto di finale Slam palleggiando con Simone Vagnozzi e Darren Cahill. Né sparring partner, né top player, né tanto meno sguardi indiscreti, ma il suo cocoon protetto da Marco Panichi, Uli Badio e i suoi due coach, con l’obiettivo di calibrare il ritmo e le forze in vista di un appuntamento che richiederà una carica nervosa extra, in un impianto che sarà un girone dantesco.
Se Sinner ci crede, Sonny non è da meno. Dalla parte del 29enne piemontese non ci sono né i libri dei record né un vantaggio nei confronti dell’avversario (1-1 i precedenti), ma la spensieratezza del cuor leggero, di chi da piccolo non era predestinato ad un futuro tra gli ultimi 8 in un major, ma che con coraggio e determinazione si è modellato un finale alternativo.
Lorenzo si è allenato tra le 3 e le 4 del pomeriggio sul campo 17, lo stesso sul quale aveva preparato la sfida di terzo turno a Marozsan, e con quello stesso Jacopo Vasamì con il quale si era allenato in vista dell’incontro con Tien. Nessuna scaramanzia, però, perché il 2007 capitolino cresciuto nel club Nomentano e che si è allenato alla corte di Rafa Nadal, è mancino. Mancino come Tien e mancino come Shelton, probabilmente l’ultimo ostacolo da superare prima che sul greenset blu di Melbourne la semifinale sia tutta azzurra.
TABELLONE QUALIFICAZIONI UOMINI