Tommy-Alejandro, due talenti all’incrocio Melbourne: nel segno di… Courier e dell’amore!

Incompiuti, fallaci, anche incomprensibili, ma a tratti bellissimi, Tommy Paul e Alejandro Davidovich Fokina sono molto simili nel loro cammino umano e tennistico. E questo loro incrocio a Melbourne è un po’ un giro di boa, una sliding door che segna, se non la carriera, almeno la stagione.
Il 27enne americano è allenato da quello stesso Brad Stine che trasformò Jim Courier il brutto anatroccolo in cigno, portandolo a vincere 4 Slam (in 6 finali) e a salire al numero 1 del mondo nella covata dei fenomeni Sampras, Agassi e Chang. I suoi tuffi del 1992 e 1993 nello Yarra - “il 18° fiume più inquinato del mondo”, secondo le parole dello stesso Big Jim, neo affiliato allo staff di Eurosport - rimangono memorabili. Così come memorabili sono alcune fiammate del nuovo discepolo dell’appassionato coach-motivatore, convinto da sempre che Tommy abbia qualche freccia giusta per i quartieri più alti del tennis.
Del resto, proprio in Australia, il finalista del Roland Garros e degli US Open juniores, due anni fa, ha riportato uno yankee in semifinale nel primo Slam della stagione da Andy Roddick nel 2009. Stoppato dal solito Novak Djokovic. Sulla scia, è entrato nei top 20 e poi nei top 15, e l’anno scorso ha rifinito la scalata arrivando a ridosso dei top 10, al numero 11, anche se il suo mentore scommette che vale di più.
CONTINUITA’
Veloce di piedi, con un solido uno-due, servizio-dritto, e ottime transizioni a rete, Paul gioca bene a tennis, si vede dai buoni risultati anche sulla terra - come le semifinali di maggio a Roma - , anche se si esalta soprattutto sul suo amato cemento e sull’erba, grazie al baricentro basso. Il problema è che non è continuo nel rendimento.
Qualcuno dice anche che non è abbastanza agonisticamente cattivo, che si accontenta, che gli manca sempre un centesimo per fare una lira.
La stagione scorsa è stata la sua più prolifica, con 3 successi, ma l’ambizione è sicuramente incentrata sugli Slam. E il nome Fokina lo stimola particolarmente: nel 3-0 dei precedenti contro lo spagnolo, tutti di due anni fa, spiccano infatti i risultati proprio in due Majors sul duro, Melbourne 2023 (cinque set combattutissimi, con la rimonta da 2-1 sotto) e New York 2024 (con un 6-1 6-0 iniziale annichilente). Quell’anno lui e il geniale Alejandro erano partiti entrambe appena fuori dai top 30, ma avevano avuto uno sviluppo totalmente differente. Così che adesso Paul bussa alla porta dei top 10 che l’ha sempre respinto e Davidovich Fokina, di due anni più giovane ma dalle possibilità ancora più importanti e nascoste, è sprofondato al 66.
PAZZARELLO
Il manager Corrado Tschabuschnig ha adottato il talento spagnolo che proprio due anni fa aveva toccato la miglior classifica al numero 21. Magari l’Australia con i suoi colori e la felicità dell’estate libererà definitivamente i blocchi di Alejandro che l’anno scorso proprio a Melbourne acquistò l’anello di fidanzamento per la sua Paloma Amatiste e pochi giorni dopo le fece la proposta di matrimonio a Fontana di Trevi a Roma. Forse il tennis l’ha schiacciato, forse il declic, come dicono i francesi può stare in quella frase: “Alla fine, devi pensare che non tutto riguarda il tennis nella tua vita. Quando sei con la donna della tua vita e vedi che vuoi avere una famiglia con lei e stare con lei tutta la vita, non ho dovuto aspettare molto tempo per chiederle di sposarmi. Sapevo che era quella giusta”.
Speriamo che sia il decisivo segnale di una maturazione del genietto che, come gli ha mostrato chiaramente l’ultimo sconfitto agli Australian Open, Mensik, deve solo mettere insieme i troppi pensieri e le paure nella sua testa. Perché, quando lascia andare il suo bel braccio, il tennis gli scorre fluido, impetuoso, meraviglioso, e diventa imparabile per gli avversari. Anche se deve rimontare da due set a zero sotto due partite di fila, contro Auger-Aliassime e contro Mensik, collezionando la quarta affermazione in 5 set in Australia su 5 match.
“Quest’anno non ho obiettivi, gioco e vediamo che succede”, ha detto al via della campagna d’Australia, quando, ormai con le spalle al muro ha finalmente lasciato andare le sue prodigiose accelerazioni ed è andato a rete a prendersi il punto. Il lavoro con David Sanchez e Felix Mantilla a Montecarlo, dove ha stabilito il suo quartier generale, magari sta dando i primi frutti. Il tennis ne ha bisogno, dopo la promessa mai confermata del titolo a Wimbledon juniores 2017, primo spagnolo da Manuale Orantes nel 1967.