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La “normalità” del numero Uno: “Io sono e resto quello di sempre, tra due giorni ho la semifinale”

Sinner re del tennis. È il primo italiano nella storia. E’ stato anche l’ultimo a saperlo. La notizia definitiva arriva con il ritiro di Djokovic dallo slam di Parigi per lesione al menisco destro dopo l’incredibile match contro Cerundolo. L’emozione e l’abbraccio con Binaghi, presidente della Fitp

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   

L’ultimo ad averlo saputo è stato proprio lui, il numero 1. Ieri pomeriggio Sinner era in campo sul Philippe Chatrier, il Centrale del Roland Garros, a liquidare una non facile partita contro il bulgaro Dimitrov, faccenda portata a casa in tre set (6-2/6-4/7-5) e che gli vale la semifinale in programma venerdì contro Carlitos Alcaraz, lo spagnolo numero 3 del seeding. Dagli spalti hanno iniziato ad urlare: “Sei il numero 1, sei il numero 1”. Ma il ragazzo dai capelli rossi e i modi da Principe non poteva sentire. Doveva giocare. Stare concentrato e vincere. Lo ha fatto. Solo dopo Mats Wilander, che fa le interviste in campo post match, gli ha spiegato cosa era successo. La “faccia da joker”, così lo chiamano per via della sua impassibilità, allora si è un po’ lasciata andare, ha sorriso quasi imbarazzato ai 15 mila che lo applaudivano, e ha detto: “Ciascuno di noi quando comincia sogna di diventare numero 1. Mi fa effetto vedere il mio nome accanto a quel numero. Ma io sono e resto quello di prima”. Poi la dedica a Nole Djokovic: “Mi spiace molto per lui, gli auguro di recuperare presto e di trovarlo in campo”. Non ha sbagliato una parola, Jannik Sinner. Neppure stavolta. Non una volta negli ultimi sei mesi, da quando è iniziato il suo assalto alla vetta del tennis mondiale.

Il ritiro di Djokovic

Com’è beffardo il destino. Ciascuno di noi appassionati, un milione più o meno i tesserati Fitp in Italia, ricorderà un domani cosa stava facendo martedì 4 giugno alle 16 e 53, un pomeriggio finalmente soleggiato di una strana primavera. È in quel preciso momento che la Federazione tennis francese, organizzatrice dello slam parigino, ha comunicato il ritiro di Nole Djokovic dal torneo “per una lesione al menisco del ginocchio destro”. Un infortunio arrivato dopo due partite che è giusto definire epiche, entrambe al quinto set, entrambe testimoni della morte e poi della resurrezione in campo, la prima conto Musetti e l’altra, lunedì, contro Cerundolo. Djokovic aveva avvisato nel post match: “Farà gli esami ma ci sono problemi al ginocchio, non so come ho fatto a terminare l’incontro vincendolo”. Se lo sono domandati in tanti, rapiti dalla forza di volontà e dall’agonismo di un campione che lascia il trono del tennis dopo 428 settimane di dominio assoluto. Il record di sempre.

Re del tennis a 22 anni

Jannik racconterà così, a figli e nipoti, di aver saputo per ultimo di essere diventato il Re. Ha 22 anni, ne compirà 23 in agosto. Era un predestinato ma lui, al contrario di altri ugualmente dotati, ha raggiunto l’obiettivo con disciplina e rigore che sono gli ingredienti necessari per completare l’ultimo miglio di una maratona iniziata otto anni fa quando lasciò la famiglia e la neve della Val Fiscalina per giocare a tennis e diventare il Numero 1.

Meglio diventare il primo dopo una vittoria

Probabilmente Sinner avrebbe preferito diventare Re domenica 9 giugno affrontando Novak Djokovic nella finale dello Slam. Ma è solo un dettaglio. Il viaggio per arrivare a oggi è iniziato, appunto, anni fa, è stato coltivato giorno per giorno, nei momenti facili e in quelli difficili. Da novembre in poi, dal campo delle Finals di Torino, attraverso la Coppa Davis a Malaga e poi la vittoria agli Australian Open, diventare Re era un destino segnato. Bisognava solo pazientare.

La commozione

Il suo arrivo in sala stampa è stato accolto da circa ottanta giornalisti di tutto il mondo. E dal presidente della Federazione italiana tennis e padel Angelo Binaghi. Entrambi commossi si sono abbracciati a lungo. Tra i due, entrambi di pochissime parole, c’è un’intesa speciale. Piace molto la capacità di controllo e di scelta dei tempi e delle persone del team, l’addio a Piatti, la scelta di Vagnozzi, Darren Cahill, il manager e amico Vittur, il preparatore atletico Umberto Ferrara. “Questo ragazzo è di un’intelligenza speciale, in tanti anni che lo conosco non ha mai sbagliato una parola o una mossa” ripeteva ieri Binaghi. È stato certamente bene educato, in famiglia ma anche dopo, tra i 14 e i 20 anni, quando nei fatti la sua famiglia era quella di Riccardo Piatti, il suo mentore. Sono doti che hanno evitato a Sinner, almeno finora, errori anche di gestione della propria carriera e della propria immagine. Poi, Jannik aggiunge al lavoro sul campo e in palestra, semplicità, rigore ed etica del lavoro.  È chiaro che sono molto felice. Però è importante rimanere con i piedi saldi a terra. Restare il ragazzo che sono - ha detto in conferenza stampa - Questa è una cosa che posso e quindi devo controllare. Un successo non potrà mai cambiare la mia persona. Perché alla fine è solo un numero, finisce lì, ma dietro al tennis c’è una vita normale. E io sono un ragazzo normale”. Soprattutto c’è una partita, tra due giorni, che vale più di quel numerino da oggi accanto al suo nome. Chiusa la festa, Sinner da stamani è già al lavoro per il preparare il match contro Alcaraz. Un passetto alla volta anche stavolta punta a vincere. I confronti diretti sono quattro pari. Una sfida in più. Anche per confermarsi numero 1. 

Nella Storia

Sinner è il 29° giocatore a diventare re del tennis. Lo fa nell’anno in cui il tennis compie 150 anni perché era il 1874 quando il maggiore inglese Wingfield produsse le mille scatole di legno con dentro una rete, i pali per issarla, il gesso per segnare le righe sull’erba, le due racchette e le palline. Oggi sono circa trecento milioni i praticanti di questo sport. Grazie maggiore Wigfield.

E’ una sfilza di nome da brivido: Ilie Năstase, John Newcombe, Jimmy Connors, Björn Borg, John McEnroe, Ivan Lendl, Mats Wilander, Stefan Edberg, Boris Becker, Jim Courier, Pete Sampras, Andre Agassi, Thomas Muster, Marcelo Ríos, Carlos Moyá, Yevgeny Kafelnikov, Gustavo Kuerten, Marat Safin, Lleyton Hewitt, Juan Carlos Ferrero, Andy Roddick, Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic, Andy Murray, Daniil Medvedev,  Carlos Alcaraz, e ancora, da 428 settimane, Novak Djokovic. Ora c'è anche Sinner. Da piccolo lo chiamavano red Fox. Adesso basta Fox, la volpe. È anche nel suo logo insieme alle montagne. Un logo che è già miliardario.

È la prima volta per l’Italia, dietro c’è il lavoro di un intero movimento, di quattro mila circoli e 14 mila maestri “che da oggi – ha detto Binaghi – saranno tutti più orgogliosi”. D’ora in poi è lui l’uomo da battere.  “Ora sono n.1 e spero di restarlo per un po'. Ma se non riesco sarò n.2, n,3, non mi metto la pressione di dover vincere sempre”. È la saggezza di questo ragazzo che ha sempre fatto impressione.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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