Quando ha battuto Carlos Alcaraz al Foro Italico, a tratti riducendo il possibile fenomeno del futuro a una sorta di comparsa, in molti si sono chiesti da dove venisse esattamente Fabian Marozsan. Superato lo shock iniziale e recuperate alcune informazioni più dettagliate sull'allampanato ungherese, sono stati tanti i media, specializzati e non, a buttarsi sul personaggio. Salvo poi scoprire che di personaggio, Fabian, ha ben poco. Non una carriera sconvolta da qualche fatto particolare, non una vita spericolata, non delle connessioni importanti.
Il 23enne di Budapest è uno dei tanti talenti silenziosi che popolano il circuito minore, quello dei Challenger e degli Itf: molti di loro restano impantanati in quel mondo per tutta la carriera, altri riescono a emergere. Lui ce l'ha fatta perché, francamente, ha un potenziale tale che solo tanta sfortuna avrebbe potuto tenerlo nascosto a lungo. Battendo Alcaraz aveva fatto un primo step per arrivare in alto, ma quello decisivo è giunto – non a caso, evidentemente – in un Challenger, precisamente a Perugia. Dove, superando in finale Edoardo Lavagno, ha centrato il titolo e agganciato per la prima volta in carriera i top 100 Atp.
A descrivere Marozsan meglio di tutti ci ha pensato Balazs Taroczy, suo connazionale, ex numero 12 del mondo e per due volte nei quarti a Parigi. “Aveva già vinto alcuni match sotto pressione in Davis, anche in doppio, e per questo credo che possa far fronte alle aspettative che dopo la vittoria u Alcaraz sono calate su di lui. È un ragazzo di grande talento, ma certamente quello che ha fatto a Roma è stato qualcosa di inimmaginabile. Adesso dovrà confermarsi, ma è uno che nella lotta si esalta, è un fighter con colpi da predestinato”.
La benedizione dell'ungherese più famoso è dunque arrivata. Ma in realtà la forza di Marozsan è data anche dal fatto di non essere solo, a trascinare il gruppo dei magiari. “Fin qui – prosegue Taroczy – c'è stato Marton Fucsovics che ha guidato per una decina d'anni, arrivando a ottenere ottimi risultati (best ranking di numero 31, ndr). Ma ora abbiamo Fabian, e ancora Valkusz e Piros, che sono giovani e hanno davanti tanto tempo per crescere”.
Riguardo i colpi da predestinato di cui parlava il grande ex, Marozsan effettivamente brilla su ogni fronte. Diritto e rovescio sono esteticamente perfetti e pure filanti, efficaci. Il servizio è un'arma importante e anche se parliamo di variazioni – con la buona sensibilità che si ritrova – Fabian sa il fatto suo. Si torna dunque, in attesa dell'esplosione, alla solita questione della testa e della continuità, ormai i fattori chiave per chiunque voglia non solo emergere, ma restare ad alto livello. Lo stesso Marozsan, interpellato al proposito qualche tempo prima di Roma, aveva ammesso il proprio punto debole.
E deve averci lavorato parecchio, se pensiamo che post Foro Italico non si è affatto montato la testa. Al contrario, dopo aver collezionato una delusione cocente al Roland Garros (out al secondo turno delle qualificazioni), è tornato nei Challenger che conosce così bene, ha raccolto un secondo turno tutt'altro che brillante a Heilbronn ma poi ha sbancato a Perugia: nessun set perso, vittoria in finale sulla sorpresa Lavagno, top 100 raggiunti, per la precisione con approdo al numero 91. Che non è un punto di arrivo, per Fabian, ma è certamente meglio del numero 303, dove navigava un anno fa da perfetto sconosciuto.