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L'allegra Juve di Yldiz e il triste Milan di Fonseca: un malato che non vedeva l'ora di tornare a letto

La Juve vince tre a uno e il Milan perde tre a uno. Anche la prestazione delle due italiane impegnate nella serata d’apertura della Champions è alla rovescia.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   

Il Milan visto dopo la trionfante Juve di Yldiz e Thiago Motta è sembrato una squadra triste, rassegnata. Gli avversari erano di diverso spessore, è vero. Ma la squadra di Fonseca sembrava un malato che non aspetta l’ora di tornarsene a letto, con le sue medicine e il termometro fra le labbra, a spegnere la luce e essere lasciato in pace. I fischi impietosi che hanno salutato la fine della partita testimoniano un disagio che coinvolge un po’ tutti, la squadra, la società, i media e i tifosi. Il risultato è lo stesso, ma alla rovescia.

La Juve vince tre a uno e il Milan perde tre a uno. Anche la prestazione delle due italiane impegnate nella serata d’apertura della Champions è alla rovescia. La Juve comincia piano e poi, liberata da una magia di Yldiz, apre il compasso e si dispiega solo in verticale, illuminata da un rinato Locatelli, dal miracolato McKenny (che firma il due a zero) e da un arrembante Nico Gonzalez, con Koopmainers che sta entrando poco per volta nella sua parte. Thiago Notta non ha sbagliati una scelta. E fra l’altro il gol della bandiera del Psv, all’ultimo minuto, è gran colpa di Danilo (subentrato a Gatti infortunato), che i tifosi invece rivorrebbero titolare. Il Milan vince comincia veloce. Ma poi sparisce.

I dolori di Fonseca

Dalla goleada col Venezia alle mazzate del Liverpool la differenza non sta solo nell’avversario. Ma anche nella testa dei rossoneri, prigionieri della loro paura, che li ha resi così fragili, incapaci di reagire, a lunghi tratti slegati nei reparti, e timorosi nei contrasti. Il primo dato che salta evidente è che i rossoneri hanno corso pochissimo senza palla, il che vuol dire che non si sono quasi mai aiutati fra di loro. Eppure aveva cominciato bene, passando subito in vantaggio con un’azione personale di Pulisic. Da lì in avanti un disastro.

Il Milan non riesce a uscire dalla pressione del Liverpool e per di più perde pure compattezza, esponendosi agli assalti martellanti degli inglesi, che sfondano molto spesso con percussioni verticali per liberare quasi sempre un uomo sulla fascia che segue a rimorchio, nella maggior parte dei casi il furetto Salah. Maignan, benché zoppicante per una storta rimediata nei primi minuti, è costretto agli straordinari, qualche grande parata in tuffo, ma anche un’uscita a vuoto sul pareggio di Konaté. I rossoneri non ripartono quasi mai. Un primo tempo a senso unico, dopo l’illusorio vantaggio di Pulisic.

Due traverse di Salah, una su spunto personale dopo essersi bevuto Pavlovic, e l’altra in mischia, di sventola micidiale. E poi l’inevitabile pareggio, di Van Dijk, ancora su calcio d’angolo. Il secondo tempo comincia con brutti presagi, visto che Maignan salva di nuovo la porta del Milan sull’incursione di Diogo Jota, ma finisce atterrato da Tomori. Atterrato e colpito. Il numero uno del Milan questa volta è costretto a cedere il posto al giovane Torriani, al suo esordio in Champions a 19 anni. A dire il vero, la squadra di Fonseca è molto meno timida rispetto a quella del primo tempo, e si affaccia con insistenza nella metà campo dei Reds reclamando anche un rigore che poteva starci, per un fallo su Morata. Il problema è che il Liverpool ha un’altra marcia: corre di più e più veloce, e soprattutto fa sul serio. Il tre a uno di Szoboszlai è inevitabile. E il rischio di una punizione più severa incombe tutte le volte che gli inglesi schiacciano l’acceleratore.

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E' la vera Juve?

La Juve che ha liquidato il Psv Eindhoven non è sembrata neanche una lontana parente delle ultime versioni che hanno faticato in campionato. Lenta e macchinosa sabato, veloce e verticale nella prima serata di gala europea. In Champions per vincere bisogna correre più degli altri. I bianconeri hanno macinato 119 chilometri, quasi sei in più rispetto agli avversari, e non è un dato da poco. Il primo segreto di una vittoria che poteva essere anche più rotonda è questo.

Poi, i suoi uomini di classe. Nico Gonzalez, che apparecchia il raddoppio con una fuga di prepotenza sulla fascia destra e poi firma la terza rete, e soprattutto Yldiz, un primo tempo da sballo, ad asfaltare sulla sinistra la difesa del Psv e a recuperare palloni come un mediano, coronato da un gol alla Del Piero, con dribbling e parabola a giro che s’infila all’incrocio. Piano piano anche Koopmainers si avvicina alla versione originale del RoboKop visto a Bergamo. Per ora sembra ancora un automa un po’ difettoso, ma i progressi rispetto alle prime apparizioni e soprattutto alla partita di Empoli sono segnali abbastanza evidenti.

Chi invece tarda a inserirsi è Douglas Luiz, il brasiliano strapagato e accolto come un fuoriclasse, ma che conferma ogni volta di più le prime impressioni: ritmi troppo bassi e poca grinta, o cambia passo o è destinato a restare un corpo estraneo nella Juve di Thiago Motta, che quando gira fa dell’intensità e della corsa le sue armi migliori. Come nei rotondi successi col Como e il Verona, i bianconeri si levano la maschera solo dopo essere passati in vantaggio, ma da quel momento in poi fanno spettacolo: pressing a metà campo e ritmi più sostenuti, poi Nico a destra e Yldiz e Koop a sinistra a piallare le fasce. Vlahovic in mezzo dovrebbe finalizzare. Dovrebbe? Mah

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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